Lei tanto grande si sta rivelando. Antonia Mesina, Beata. 20 aprile 2006

“Il permanente arder della mia storia           1

mi sfila stamattina nella mente,

e non discerno il male dalla gloria.

Pregare sol desidero al presente 
m’inginocchio e lascio quel pensare: 
per desiderio invischiante e potente
“Sarà tormenta? Mi posso fidare?”, 
soltanto male dal demolitore:
dal bene mi vorrà or allontanare?

Pregando, mi concentro sul Signore 
e così allontanar le belve fiere; 
oppresso sempre più son da malore 
di liberarmi, chiedo, per piacere 
dalla burrasca che costringe in fiordo: 
e pretendere corazza per dovere.

Accolgo la preghiera e non ricordo 
il martellare di mezzora prima; 
massima quiete ora domina a bordo 
da quando volo e canto in buona rima 
il rosario al cuore stringo forte: 
con sentimenti profondi di stima.

Restando in preghiera e buona Corte 
il corpo dalla stanza va fuggendo 
anche la mente nella stessa sorte; 
non capisco e null’altro pretendo 
così vado la schiena sollevando: 
e sull’Antonia in foto sto piangendo.

L’emozione e pianto accompagnando 
col rosario in cuore, certo, vinco 
e mentre sorte si sta completando 
d’ogni movimento mi convinco 
di libero volare l’infinito 
librandomi, senza muovere stinco.

Senza nessun appoggio e dipartito 
volando via da casa e dalle pene 
d’ogni male, mi sono oggi pentito 
perché con te sto veramente bene 
qui, nel meraviglioso universale: 
godendo il sublime che contiene.

Vivo la pace lontano dal male 
sfilando per l’amore che or ammiro: 
nell’infinita parata trionfale; 
coinvolto totalmente in questo giro: 
lontano, rimando quel che sento 
di te, pur avvertendone respiro.

Totalmente ripeto che mi pento 
nulla esiste di tanto importante 
amor ricevo e amore rappresento 
nello sferato viver dell’istante 
e ben così potermi rinforzare 
dal proferir d’amore dell’amante.

Ciò che sto ricevendo in me traspare 
per il dissolvimento dei tormenti 
e santo amore accolgo dall’altare 
da trasmettere in dì di patimenti; 
ma improvviso emerge il presagire: 
del travolgere da sconvolgimenti.

Alla Beata Antonia solo ambire 
che abbandonare mi fa lì l’umano 
lasciamo anche la stanza per fuggire 
dimenticando il corpo mio lontano; 
nell’amore vivo e credo solamente: 
con l’aver dato ad Antonia la mano.

Più nulla mi comanda ora la mente 
per straordinaria influenza spirituale
e solcando l’universo veramente 
a tal velocità ch’é d’irreale: 
mi ritrovo su un verde paesaggio 
che mi é sconosciuto, ma é reale.

Mi rende qui l’Antonia bell’omaggio
ritrovandola meravigliosa e bella 
e con stupore colgo tal passaggio 
per brillanza ch’é simile a stella; 
mentre nella boscaglia cerca legna 
con un’amica, pur lei giovincella.

Capisco, questo a loro vita insegna 
perciò le vedo ora in verde collina 
sudando per lavoro che le impegna; 
all’amica del cuor resta vicina 
nell’impervia e boscosa campagna: 
ma d’improvviso, strada sbarra spina.

A quello nessun altro l’accompagna; 
reagisce giovanile istinto fiero 
capiscono, qualcosa lì ristagna: 
e per non intorbidir pensiero 
timore dimostrato non gli hanno; 
ma in sua mente, c’é sol siero nero.

E presagendo di subire danno 
per la strana inconsueta presenza 
dai loro cuori allora emerge affanno 
e al rivelar della sua mal volenza 
cercan velocemente di fuggire: 
ma di loro ha pregustato essenza.

Ora alla preda sol lui vuole ambire 
e lo rivela con tremendo ardore 
senza null’altro riuscire a sentire; 
raggiunta é la colomba dall’astore, 
d’imporsi cerca sol sulla virtuosa 
che non s’arrende, per salvar l’onore.

Reagisce lei gagliarda e senza posa 
all’agire prepotente e maledetto; 
“dal male infettare della rosa”: 
che dell’amore non conosce il detto, 
con tempestoso ardore van lottando: 
dandogli al mattino un nuovo aspetto.

Lei tanto grande si sta rivelando
e con quel combatter senza fine:
nell’infinito si sta rifugiando; 
l’averlo capito le mal spine 
“la pazienza alla rosa van togliendo”: 
facendogli svanire ogni confine.

Dominato dal Male, sta cedendo 
e dal non sopportar reazione ardita 
che in modo chiaro, la sta lì subendo 
brutalmente vuole chiudere partita; 
raccoglie una pietra, e con man tosta 
con forza, la colpisce e stronca vita.

E’ assurta con la morte all’alta posta 
integro é rimasto quel bel fiore 
e il mal veloce la fuga s’imposta 
per liberarsi così dell’ardore; 
ma chi gli leverà più quel tormento? 
Negli occhi dell’amica, l’imposto-re.

Lei mi ha trasportato nell’evento 
per l’infinito, fino all’altipiano 
al centro, ritrovandomi del vento 
per subirmi i colpi del malsano, 
e tutto ciò che lei ha sopportato: 
viverlo ho dovuto da soprano.

Per ciò che mi é stato oggi donato 
nell’ora, spero, santa e benedetta 
dal lacrimare, il collo si é bagnato;
la stanza ancora mi resta interdetta, 
soffrendo con dolo e cuore affranto: 
colpito par che m’abbia una saetta.

Stravolto dall’affrontar sì tanto 
nel giorno che ancora non comprendo 
affermo con certezza che quel pianto 
é nato dal cuore, e lo riprendo 
pur se provocato da una piena: 
e finalmente meglio ora m’apprendo.

“L’imprevisto vissuto della scena 
dovrebbe capitare ad ogni mente 
é senza fine, ma di buona lena 
dà conoscenza e ritorni cosciente; 
abbiamo cura d’accogliere l’invito 
per consegnarci in vita a miglior ente.

Rammentare ritengo quel convito: 
dal vedere accogliere e pur dare 
davvero, penso d’aver concepito 
ed ora il bene, così, voglio cantare 
e dunque ad alta voce ancor ripeto:
lo sguardo fisso resti sull’Altare”.                       159

 

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