3.3.1-Pablo Neruda-Dos Amantes/Due Amanti

3.3.1 – Dos Amantes / Due Amanti

 

(Cento sonetti d’amore, XLVIII)

 

DOS AMANTES

 

 Dichosos hacen un solo pan,

 una sola gota de luna en la hierba,

 dejan andando dos sombras que se reùnen,

dejan un solo sol vacìo en una cama.

 

De todas las verdades escorgieron el dìa:

no se ataron con hilos

sino con un aroma,

y no despedazaron la paz ni las palabras.

La dicha es una torre transparente.

 

El aire,el vino van con los amantes,

la noche les regala sus pétalos dichosos

tienen derecho a todos los claveles.

 

Dos amantes dichosos no tienen fin ni muerte,

nacen y mueren muchas veces mientras viven,

tienen la eternidad de la naturaleza.

 

DUE AMANTI

 

Felici fanno un solo pane,

una sola goccia di luna nell’erba,

lascian camminando due ombre che s’uniscono,

lasciano un solo sole vuoto in un letto.

 

Di tutte le verità scelsero il giorno:

non s’uccisero con fili,

ma con un aroma

e non spezzarono la pace né le parole.

E’ la felicità una torre trasparente.

 

L’aria, il vino vanno coi due amanti,

gli regala la notte i suoi petali felici,

hanno diritto a tutti i garofani.

 

Due amanti felici non hanno fine né morte,

nascono e muoiono più volte vivendo,

hanno l’eternità della natura.

 

3.3.2 – Di cosa parla la poesia

 

Questa poesia raffigura  lo stato d’animo degli innamorati. Le loro anime bramano la loro unione, lasciando le loro ombre, un amore che non può farsi vedere alla luce del sole. La notte  è complice dominato da accese note di passione (lasciano un solo sole vuoto in un letto), confidando la  loro felicità.

L’amore si manifesta in raffiche improvvise (l’aria e il vino vanno coi due amanti, fino alla definitiva affermazione (Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l’eternità della natura) diffondono intorno quegli aromi che li tengono enigmaticamente insieme; vorrebbero che tutti fossero partecipi della loro rinascita, immergendosi nell’esaltante esperienza d’amore, neppure la morte riesce a intaccare il loro stato di sublime dolcezza.

 

3.3.3 – Analisi della poesia 

 

Questa poesia è documento di un epoca turbolenta per il poeta: Neruda descrive il suo amore per Matilde, la donna che ama e paragona terra. Il legame con la donna rappresenta l’unione con il mondo, e l’amore per lei è l’elemento che ravviva il tempo (gli regala la notte i suoi petali felici, hanno diritto a tutti i garofani, nascono e muoiono più volte vivendo il loro amore, hanno l’eternità della natura). Attraverso l’amore per Matilde Neruda perviene alle segrete essenze, percepisce i richiami del mondo da cui ebbe vita. La sua poesia si copre d’aromi e freschezza, spesso dalla semplicità e vitalità della natura (Due amanti felici fanno un solo pane, una sola goccia di luna nell’erba). Attraverso una lunga serie di metafore, sempre aderenti alla sfera naturale, il poeta mette in risalto la semplicità di un amore tanto puro da superare il limite del tempo umano, e capace di conquistare persino l’eternità della natura.

L’amore si manifesta in raffiche improvvise (l’aria e il vino vanno coi due amanti), appare dominato da accese note di passione (lasciano un solo sole vuoto in un letto), fino alla definitiva affermazione (Due amanti felici non hanno fine né morte, nascono e muoiono più volte vivendo, hanno l’eternità della natura).

 

3.3.4 – Istanze e fondamenti poetici: epifania e catarsi in “Due amanti”

 

Il titolo della poesia potrebbe deviare l’attenzione sul rapporto materialistico che, solo in apparenza, sembra immergere i due amanti nel mare di una sensualità che tutto avvince voluttuosamente, condannando i protagonisti a ritenersi rei di essere contravvenuti alle promesse di matrimonio scambiate su altri altari e in circostanze diverse.

 

Ma, onde evitare questo equivoco, Neruda avvia il discorso in versi utilizzando come incipit quel “felici” che è un esplicito richiamo alla sostanza della gioia pura e disinteressata, della spensieratezza fatta di cose semplici e genuine: c’è una naturalità che subito viene confermata da quell’unicità che scivola e si fonde nel miscelarsi dei grani di frumento, un frumento che la terra – madre (la terra creata da Dio) dona agli esseri suoi figli.

 

Questo il significato del “pane”, la cui allusione biblica è evidente nella condivisione del cibo per eccellenza che Dio stesso ha offerto ai suoi commensali.

 

È chiaro che Neruda sia alla ricerca di quei riferimenti mistici che ampliano il discorso sull’amore di queste due creature che non cercano piacere carnale, ma modi nuovi per nutrirsi del cibo divino.

 

La dolcezza di questo amore casto e puro viene rafforzata dall’immagine mite e quieta della Luna: il corpo celeste sorride e avvolge nelle sue atmosfere oniriche e misteriose i cuori dei due innamorati. Eccoli entrambi, non sono corpi che si inseguono, ma anime che si rincorrono in un sussulto continuo fatto di emozioni e pensieri. è un donarsi continuo e reciproco senza altri fini se non l’abbracciarsi e sentirsi partecipi nella fusione reciproca alle bellezze del creato.

 

C’è da soffermarsi sul quel “fanno un solo pane”, una prima superficiale lettura potrebbe addebitare alla loro volontà la scelta del fare, meglio del creare. Di fatto, chi crea non sono gli uomini, ma Dio, l’Entità suprema che detiene il diritto e la forza di poter avallare la veridicità e l’autenticità di qualunque cosa.

 

In questa prospettiva, è Dio che assiste e permette che i grani di frumento, la bianca polvere si misceli con l’acqua purificatrice e lieviti, cresca, insomma, come albero della vita e dell’amore.

 

Stupenda, dunque, la raffigurazione di questi due spiriti, essenze d’amore che tenendosi per mano si avviano sui sentieri della vita, fiduciosi e sereni, tranquilli nell’approvazione del creatore che osserva e ama i suoi figli, coloro che si fanno testimoni, nonostante l’apparente deviazione alle leggi della società e della pretestuosa decenza, del suo profondo, vero e ultimo messaggio.

Sembra quasi che Dio stesso dica – Andate nella trasparenza dei vostri sentimenti (attenzione sentimenti e non passioni) per rappresentare l’idea dell’amore, pubblicizzate questo legame che si forgia nella mia stessa fiamma di luce e di calore eterno ed infinito!

 

Prestiamo attenzione all’aggettivo “solo” ripetuto per ben tre volte, l’allusione alla trinità è evidente.

 

Sublime è la meta cui tendono gli innamorati, e ancora più mistico è il messaggio nascosto: prima erano due ombre, come a dire due esseri sperduti e abbandonati che nel tendersi la mano cercavano un senso e uno scopo al loro esistere, un senso che hanno scoperto nel loro stringersi per mano.

 

La loro corsa non è protesa verso un letto dove consumare un atto materiale e carnale, anzi da quel letto si allontanano, quel letto è una luce fredda, abbandonata, scartata, è un letto d’apparenze insignificanti che possono solamente attrarre per esaurirsi nella fugacità di un attimo.

 

I due spiriti scelgono la luce vera, abbandonano gli inganni e le lusinghe della notte, ma non nel senso materiale la notte della ragione e dell’amore, la notte fatta di compromessi e finzioni che vietano, di fatto, la possibilità di sentire la vita nella pura pienezza del sommo bene.

 

Soffermiamoci su quel “s’uccisero”: non significa questo predicato un’estinzione fisica e delittuosa della propria vita.

 

È il raggiungimento della libertà attraverso la caduta delle maschere che ciascuno veste e riveste per omologarsi e appiattirsi nella finzione di una quotidianità che è morte e distruzione dell’anima e dell’amore.

 

A conferma di quanto detto, c’è quell’utilizzo di un’arma bianca fatta di petali profumati, di quei fiori che rivelano la presenza divina e paradisiaca di Dio, la vicinanza di un Eden fatto di profumi e luci e colori che si rincorrono e che avvolgono d’amorevolezza gli innamorati, la loro innocenza e semplicità.

 

Questa scelta di ritrovarsi nei prati che circondano le alte torri dell’amore più puro e trasparente è supportata dalla volontà di spingersi oltre ogni meschina accettazione, dal desiderio di combattere non una guerra d’odio, ma di servirsi di ben altre armi, fatte di dolcezza e delicatezza, per aprirsi un varco nella torre che custodisce e protegge, come ultimo baluardo, l’amore.

 

Gli stessi elementi naturali si protendono e favoriscono questo viaggio di libertà e di liberazione, sono sostegno nell’impervio e tortuoso percorso che nasconde il Paradiso alla vista dei comuni mortali, di coloro che senza slancio vitale consumano la loro vita inutilmente e si ingrigiscono nell’innaturalità degli atti, spegnendosi vanamente nel trascorrere monotono e insignificante delle ore.

 

La conclusione catartica ed epifanica è affidata infine al garofano che è simbolo della dignità, della virtù e della nobiltà d’animo.

 

Neruda chiude così il cerchio della purezza, e proclama l’assolutezza di un amore che, anche se tacciato di clandestinità, è invece tutt’altro, è fedeltà a quel soffio che Dio stesso ha infuso nel cuore degli uomini, perché si rendessero partecipi e portavoci del suo messaggio più profondo, quell’amore che secondo una leggenda comunemente conosciuta vuole  che il garofano sia nato dalle lacrime della Madonna, madre e simbolo dell’amore per eccellenza.

 

09.10.2013 Ana Valdeger