Uno,nessuno e centomila (1926)
vii. Uno, nessuno e centomila(1926)
L’antinomia, fin qui significata nel contrasto tra l’uomo e la maschera artefatta, si dilata nella storia di VitangeIo Moscarda, diventando prima dissidio interiore, poi impossibilità di comunicare con i propri simili, infine, negazione di una realtà sociale sempre più disarticolata, divisa, parcellizzata.
Il dramma dell’esistenza è ripercorso dal protagonista di “Uno, nessuno e centomila” (1926), da Vitangelo Moscarda, l’uomo che si vede vivere e si ribella al vano gioco delle forme, distruggendo le centomila parti del suo essere e che, attraverso l’estrema coscienza della follia, cerca la salvezza in un mondo elementare, fuori dalle fittizie costruzioni sociali.
La tragica scoperta di una maschera che offende l’identità, spinge Moscarda a ricercare altre vie, diverse rispetto a quelle riconducibili a una condizione di presunta normalità, proprie di una civiltà massificata e strumentalizzata.
La rivolta del personaggio si imbatte contro troppo consolidate abitudini, contro uno stato di incoscienza generale che esclude l’integrazione della persona tormentata dal peso della riflessione sulla disorganicità della vita e su uno scoperto relativismo.
La duplicità di senso, l’incoerenza e la precarietà della vita creano un insanabile contrasto e costringono il protagonista a costruirsi uno spazio logico tutto suo per tentare di decifrare il mutevole e imperscrutabile corso degli eventi.
Ancora una volta, e con estrema recrudescenza, l’uomo pirandelliano si ribella alle insopportabili e morte forme, ambiguamente dissimulate dalle consuetudini, e con maggiore intensità si adopera per attuare un gesto irrazionale e insensato, l’unico che possa annientare quella “regolarità delle esperienze”, che lo individua come Vitangelo Moscarda.
Al termine della sua audace esperienza si ritrova solo con la sua coscienza e per garantirne la sovranità, si rifugia nel dominio integro della natura, il solo non ancora violato dalla presunzione umana.
La frammentarietà e l’incongruenza della storia umana inducono Moscarda a fuggire la sua apparente unità, ad oltrepassare i limiti di un presunto equilibrio psicologico, a sdoppiarsi per trovare nuove ed autentiche ragioni esistenziali.
E nel suo continuo estraniarsi, nel suo porsi oltre la presunta regolarità delle assurde convenzioni, denuncia il dissidio tra l’essere e l’apparire, il dramma della coscienza esagitata e sconvolta dell’uomo, solo e disaiutato, eppure mai vinto nella sua ricerca della verità.