L’Illuso
Caro uomo che scrive,
io,
tu sei nato fortunato poiché il tuo
meno che mediocre intelletto
ti rende “ diversamente abile”.
Comprendi, forse, qualcosa di quello
che la vita ci propina,
ma non sei che una comparsa,
sulla scena di questa tragica commedia,
vissuta in un teatro vuoto e silenzioso,
dove gli attori principali
sono burattini,
cosparsi di ipocriti costumi e
dove nessuno
segue più il copione scritto dal destino,
non è facile indossare abiti e maschere di altri.
Cospargi pure il tuo volto di cera e colori,
lo specchio ti aiuti pure a
correggere le smorfie del tuo volto,
ma nulla può ingannare gli strani
odori che la coscienza emana e
ti rende visibile agli occhi di un pubblico
semplice, ma attento.
Tu non incanti, non inganni,
il tuo purpureo colore tradisce emozioni
e vecchie sensazioni, remote come il mondo,
tieni pure il volto colorato,
ma asseconda il cuore,
egli non ti tradirà mai e
sarà il tuo unico amico,
in questo cupo, scaltro e sagace mondo.
Butta i ridicoli cenci
che ricoprono il tuo corpo,
sciogli le cere che nascondono il tuo volto e
smetti di voler essere,
tu non sarai mai più,
solo la rassegnata
attesa dell’atto finale e non
ci saranno applausi.
Polvere di stelle
L’addio, il ciao,
iniziare, finire,
che tempi amici,
non sai cosa fare,
ma berrò una vodka,
forse due,
no non mi piace,
ma l’ho comprata,
mi pareva una buona idea,
il mio amico
Bukowski le avrebbe bevute
e con un paio di birre,
ma lui è un duro,
io non reggo l’alcool,
ma devo risolvere
il maledetto dilemma
del ciao o dell’addio.
Be dai amici io sono arrivato,
l’età, che vuoi che sia un
abbraccio virtuale,
gli snob dicono platonico,
comunque non tocchi nessuno,
sai l’etica morale ti ha bloccato,
aspetta bevo prima una Vodka
poi continuo, fatto,
Dio mio sono confuso
non capisco più nulla.
Devo andarci piano,
ormai sono un fossile.
Tutti ti amano
ma nessuno lo fa,
poi sono confuso
e non so quello che dico,
be ho deciso meglio
l’addio,
che diavolo sono troppo
vecchio per amare,
e non ho più manco
foto da rivedere,
nulla,come promesso,
ho strappato tutto,
davvero, parola,
domenica vado al
concerto dei Modà,
be amico devo lasciarti
le palline colorate
mi aspettano,
no non sono biglie.
La ruota della vita.
Tal percorso
non conduce a mete,
forse è partenza,
giunsi a codesto parer poiché
non fui pronto, e
non per voler mio,
che volli percorrer
tal sentiero,
anzi più volte fermai i miei passi,
ma strane folate di vento
mi sospingevano,
incuranti del mio incerto voler,
verso luoghi ignoti,
strani e sconosciuti,
incuranti delle mie perplesse titubanze.
Dunque con animo rassegnato proseguii,
certo con ansia,
ma deciso a scorrer quel sentiero,
cosi come volle il machiavellico,
a me ignoto autore di tal stranezza.
Strani e mutevoli personaggi sfioravano
gli arbusti e le fronde scure
che costeggiavan quel lembo
di terra battuta che percorrevo,
io finsi indifferenza, ma i miei occhi
si torcevano a dismisura
pur di recepire la
loro forma, certo misteriosa,
ma inquietante.
Poi all’improvviso
un personaggio,
fatto di forma inconsueta,
il cui corpo non emetteva
ne ombra ne luce,
si avvicinò e con voce pacata,
quasi a voler rassicurarmi,
pronunciò frasi che lì per lì mi
parvero sconnesse.
Poi con fare mistico e soave
mi porse una pergamena,
poi svanì, nel nulla,
cosi come apparve,
dopo il primo stupore
lessi il contenuto di
quel misterioso messaggio,
che cosi recitava:
“ Tu non decidi,
tu puoi solo percorrere,
tu non muori se prima non nasci,
tu sei colui che deve essere,
non colui che vuole essere,
il percorso della tua vita è tracciato,
devi percorrerlo,
sempre e comunque,
la vita è una ruota e devi percorrerla
come tale, alti e bassi,
solo allora avrai il tuo premio,
il silenzio,
la tua anima,
il tuo nulla.”
Fugace tempo
Provai a fermare il tempo,
corsi con affanno e impazienza
ad afferrare tutti gli strani congegni
rotondi, quadrati, rossi, bianchi, neri,
di varie specie e grandezza,
da me custoditi con malcelata indifferenza.
All’interno tutti avevano dei numeri e
due piccole lancette,
sono loro che scandivano il tempo,
senza mai fermarsi o voltarsi indietro,
a volte parevano lente,
a volte veloci,
a secondo dello scorrere della nostra esistenza,
se costei fosse triste o felice.
Presi il primo di quei impietosi oggetti del tempo e
fermai il suo movimento,
compiaciuto mi guardai allo specchio
diverse volte, in diversi giorni, ma
stranamente i miei capelli crescevano,
e anche se di poco, qualcosa
cambiava nel mio volto.
Afferrai il secondo e poi il terzo e
poi ancora il quarto,
nulla il vecchio padrone del tempo
silenzioso e inarrestabile
proseguiva
per la sua strada incurante e assorto.
Ebbene sconsolato
mi accasciai su una sedia e incominciai a pensare,
dicendo fra me e me dissi:
“ ho speso la mia vita cercando
di essere eterno,
Dio mio che stolto,
ciò è impossibile, ora non avrò più futuro
perché esso quando giungerà già sarà
presente e poi diviene già passato,
così venne scritto da colui che fu un saggio“
e mai cosa più vera.
Mai così grande verità fu detta.
Come una strana equazione.
il presente sta al passato, come il passato
al futuro, dunque chiudo gli occhi e lascio
scorrere il tempo, sarà quel che vorrà,
ciò che vorrà.
La Portiera
Ti osservo, cara la mia becera portiera,
quando sete e sudore
si avvicendano sul tuo corpo,
ormai inerme e aggrinzito.
Rivoli di liquidi salati scivolano silenziosi
in ogni dove, percorrendo itinerari
inenarrabili e il tuo smanioso grattare,
non irrita più di tanto la tua pelle
che parea cotenna.
E la tua bocca addenta per il collo,
una enorme bottiglia che pare non
debba mai staccarsi dalle tue labbra,
disdicevoli e gonfie come comodi
cuscini da salotto a forma di caramella,
ma dai la sete è sete, tranquilla nessuno
ti osserva, a parte e me e il vicinato.
Il tuo è un lavoro di concetto mia cara,
sei splendidamente puntuale nell’imbucare
la posta ad ogni povero tuo suddito,
che partecipa al tuo non miserevole stipendio,
si è un compito arduo è difficile assegnare
ai legittimi proprietari,
la propria corrispondenza,
tu riesci dove molti falliscono,
mai hai consegnato
quella giusta alla persona giusta.
La mattina ho timore a recarmi al lavoro,
ti vedo spesso di spalle, Dio mio,
quello che i miei occhi vedono è orribile,
tu sei curva in avanti a grattare
con una dura spugna le indifese scale,
ed il tuo posteriore non sono ancora
riuscito a quantificarlo,
spero di riuscirci prima che arrivi la mia
gratificante pensione, vero che ci vorranno
anni ma …speriamo
Ebbene devo lasciare l’arduo compito
descrittivo di una verace donna,
dalle indubbie qualità e mai smetterò
di essergli grato, poiché
vedendola da giovinetta spense ogni
mia velleitaria voglia di cercarmi
una degna compagna che mi stesse al fianco
nell’arduo e difficile cammino della vita,
come si suol dire…meglio soli che
mal accompagnati.