Peccato veniale

 Languida e dolce donna,

complice peccaminosa di un amore

innocuo,

fosti la sola a soffrire e pagare.

 

Furibondo fu il castigo

per ciò che non doveva essere,

tal amor fu come

un fantoccio per chi

non comprese,

se pur fosse nel giusto.

 

Noi erigemmo un altare

ad un impossibile idillio,

fatto di nulla o poco,

di sole dolci parole,

e innocenti sprazzi di gioia.

 

Ora solo un vuoto silenzioso,

è forse un presagio

dell’immane perdita?

Dovrò dunque rassegnarmi?

Seppur cosi avverrà,

come dirlo ai nostri cuori,

loro a volte son prepotenti,

non accettano rese e sconfitte.

Tornerò.

 



Senza Ricordi

Rincorro strani pensieri e

strani visioni, forse folli, forse no.

 

La mia città è come se fosse più piccola,

le strade son più strette e tortuose,

i palazzi una volta altissimi,

ora son bassi e scarni di imposte,

i  balconi con grandi vasi di creta

tempestati di fiorenti gerani

colorati di rosso son svaniti,

come per uno strano sortilegio,

tutto ciò è mutato o non riconosco più.

 

Le auto sfreccianti, le corse dei  bimbi

con le loro grandi cartelle zeppe di libri,

le concitate discussioni

fra uomini imperiosi e arroganti,

saggi custodi di rimedi per

sventare l’avvento di una

imminente austerità,

o tattiche miracolose per

far vincere prestigiosi trofei alle loro

squadre del cuore.

 

Ambulanti che con urla appassionanti

propongono la loro merce,

e di tanto in tanto strofinano il braccio

sul freddo naso gocciolante.

Uomini resi obliqui dal peso delle

loro importanti borse

colme di non so cosa,si affrettano a

giungere a destinazione.

Dov’è dunque tutto ciò che ho visto

per anni? Tutto svanito o si è  nascosto?

pare uno strano incubo.

 

Odo solo i miei silenzi,

son diventato cieco e sordo,

e non conosco più i posti della

mia infanzia, non mi accorgo di chi

pare conoscermi e vuole stringere

la mia mano,solo volti sconosciuti,

mi intimidiscono con la loro veemenza,

tutto è diverso e incomprensibile

dove sono dunque?

 

IL vuoto che opprime la mia mente rende

difficile il mio ritorno a casa,

devo farcela, non posso perdermi,

devo..devo riuscirci,i miei cari mi aspettano

e saranno preoccupati, tornerò.



L’anima

 

Cercai un’anima,

in un terso giorno di sole

i cui smaglianti riverberi

si riflettevano copiosi

in un placido lago dorato,

testimone silenzioso

di amori iniziati e finiti,

di lacrime e sogni infranti.

 

Che la vita sia,

che la morte giunga,

colui che pronuncia tal pensieri

e anch’esso un’ombra,

galleggiante  in un universo

di anime smarrite e non più

bramose di futili  pretese.

 

Che giunga ciò che temiamo,

ciò che intimorisce,

ciò che è inconfutabile,

ma reso imponderabile

dalla negligenza

degli esseri senza cuore,

che giunga colei che non

distingue e rende uguali,

carnefici e vittime.

 

Trasformi pure le

nostre anime

in piccole luci erranti

in un mondo fatto di

eterno oblio e

dall’impossibile ritorno.

Cosi dovrà essere

così sarà.



Il Viale

 

Il lungo viale lastricato

di vecchi ciottoli,

e di tanto in tanto

qualcuno non v’era,

forse il tempo,

forse divelto da  

qualche zoccolo maldestro.

 

I suoi lati son adornati

da alti e larghi alberi

dalle grandi foglie,

oasi di riposo di

innumerevoli uccelli

che senza alcun decoro

ricoprono il manto

stradale di resti di pasti

appena consumati.

 

Di tanto in tanto

qualche enorme carrozza

attraversa tale via,

con a bordo i suoi

superbi passeggeri,

con il capo ricoperto

da  pomposi cappelli a cilindri,

il bastone dal pomo d’argento

stretto da entrambi le mani,

come a reggersi dopo

un’estenuante passeggiata.

 

Le loro donne han  

chiassosi copricapo,

arricchiti da fitti

cespugli di fiori colorati

e assemblati da mani

sapienti ed esperte,

lo sfavillante luccichio

di ingombranti e preziosi gioielli

avvolgono i loro alti colli,

e con noncurante esternazione

di vanitosa arroganza

sporgono di tanto in tanto

la testa fuori dai balconi

delle loro ricche carrozze,

per far si che tutti vedano

i loro privilegi.

 

Persino i bianchi cavalli  

con i loro variopinti pennacchi

mostrano con malcelata

alterigia il loro tracotante e

baldanzoso ondeggiare

seguendo il ritmo pomposo

della grande carrozza.

 

Tale vettura è condotta

da strani personaggi,

tesi e compatti,

come malinconici manichini,

e rassegnati al loro ruolo

di comparsa, restano

indifferenti e irriverenti,

verso colui che attraversa

il loro percorso con fare

claudicante e lento, non

rallentano i briosi puledri

gli sciagurati vetturini,

ei loro biechi sguardi restano

gaudenti come vecchie

donne mercenarie.

 

Finalmente son giunti a

destinazione, già si intravvede

la cima del grande castello,

esso è circondata da giardini

fiabeschi, ricchi di colori,

piante sconosciute e rigogliose,

fontane la cui acqua sgorga da

bocche di enormi e prestigiose

statue di marmo.

 

Schiere di servi aspettano l’arrivo

dei loro padroni allineati in una

immensa aia, come soldati

in attesa dell’uomo importante,

tesi e rigidi come acciughe

salate e sazi della loro

compassionevole devozione.

 

Il grande parco, la grande casa,

il nugolo di servi, i gioielli

altri non è che il frutto degli

inconsapevoli, cioè di coloro

che con rassegnata drammaticità

arricchiscono coloro che non

sanno di non essere Dei, un giorno

le ombre diverranno luce e forse

tutti insieme godremo di tutto ciò

che il Signore ha donato agli

uomini tutti, equità e giustizia.

 

 



Tornerò

 

Che dir si voglia

sento che tu non sei,

par che tal pensiero

angosciante sia,

veritiero e nudo,

ciò che persi,

ripreso e

ancor perso,

è ciò che resta

di qualcosa di grande,

ti amo e nulla

si può contro

l’ingrato destino.

 

Non affliggerti,

quando sei triste,

pensa al mare,

al suo dondolio,

ai gabbiani,

scruta l’orizzonte,

lì sorge il sole,

li risorgerai,

spesso chi piange

non versa lacrime,

chi è triste sorride, 

non chinare mai il capo,

ne gli occhi…

guarda sempre innanzi,

osserva l’orizzonte,

tornerai, tornerò



La notte dei pescatori.

 

Che splendore tal notte,

che nel giungere arreca folletti

e maghi dai lunghi

e appuntiti cappelli,

colorati di rosso e giallo

nei sogni dei piccoli marinai.

 

Le fatine col sorriso

di chi è dolce è felice

saettano lasciando scie di

stelle d’oro e coriandoli d’argento

e giocano nel rincorrere

le cadenti stelle

dalle code bianche e lucenti.

 

I bimbi dormienti sorridono,

giocano in giardini incantati

dai mille fiori dai colori vivaci,

e gli alberi possenti, ricchi

di frutti e gemme fanno

loro da complici assecondando

il loro gioco del nascondersi.

 

Fuori il brusio del mare

verde smeraldo,

avvicina lentamente

le lontane vele,

che nelle notti buie e silenziose

depongono e issano grandi reti,

e le membra stanche e

sofferenti dei pescatori

dal volto usurato da fatica e

salsedine dirigono felici

la prua verso casa.

 

Sui freddi scogli l’attesa ansiosa

delle loro donne,

avvolte in semplici scialli 

osservano ansiose le lontani luci,

che seppur lentamente si avvicinano,

e i loro semplici occhi,

senza cerchi colorati di nero

e strani unguenti,

si arrossano di semplici lacrime di gioia,

e i loro eroi, forse anche questa volta

saranno seduti sul letto dei loro

piccoli lupi di mare ad

aspettare il loro risveglio.