Il Viale

 

Il lungo viale lastricato

di vecchi ciottoli,

e di tanto in tanto

qualcuno non v’era,

forse il tempo,

forse divelto da  

qualche zoccolo maldestro.

 

I suoi lati son adornati

da alti e larghi alberi

dalle grandi foglie,

oasi di riposo di

innumerevoli uccelli

che senza alcun decoro

ricoprono il manto

stradale di resti di pasti

appena consumati.

 

Di tanto in tanto

qualche enorme carrozza

attraversa tale via,

con a bordo i suoi

superbi passeggeri,

con il capo ricoperto

da  pomposi cappelli a cilindri,

il bastone dal pomo d’argento

stretto da entrambi le mani,

come a reggersi dopo

un’estenuante passeggiata.

 

Le loro donne han  

chiassosi copricapo,

arricchiti da fitti

cespugli di fiori colorati

e assemblati da mani

sapienti ed esperte,

lo sfavillante luccichio

di ingombranti e preziosi gioielli

avvolgono i loro alti colli,

e con noncurante esternazione

di vanitosa arroganza

sporgono di tanto in tanto

la testa fuori dai balconi

delle loro ricche carrozze,

per far si che tutti vedano

i loro privilegi.

 

Persino i bianchi cavalli  

con i loro variopinti pennacchi

mostrano con malcelata

alterigia il loro tracotante e

baldanzoso ondeggiare

seguendo il ritmo pomposo

della grande carrozza.

 

Tale vettura è condotta

da strani personaggi,

tesi e compatti,

come malinconici manichini,

e rassegnati al loro ruolo

di comparsa, restano

indifferenti e irriverenti,

verso colui che attraversa

il loro percorso con fare

claudicante e lento, non

rallentano i briosi puledri

gli sciagurati vetturini,

ei loro biechi sguardi restano

gaudenti come vecchie

donne mercenarie.

 

Finalmente son giunti a

destinazione, già si intravvede

la cima del grande castello,

esso è circondata da giardini

fiabeschi, ricchi di colori,

piante sconosciute e rigogliose,

fontane la cui acqua sgorga da

bocche di enormi e prestigiose

statue di marmo.

 

Schiere di servi aspettano l’arrivo

dei loro padroni allineati in una

immensa aia, come soldati

in attesa dell’uomo importante,

tesi e rigidi come acciughe

salate e sazi della loro

compassionevole devozione.

 

Il grande parco, la grande casa,

il nugolo di servi, i gioielli

altri non è che il frutto degli

inconsapevoli, cioè di coloro

che con rassegnata drammaticità

arricchiscono coloro che non

sanno di non essere Dei, un giorno

le ombre diverranno luce e forse

tutti insieme godremo di tutto ciò

che il Signore ha donato agli

uomini tutti, equità e giustizia.

 

 

This entry was posted on domenica, ottobre 20th, 2013 at 17:10 and is filed under Poesie D'Amore. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.

1 Commenti

  1. Ciro Sorrentino Scrive:

    E’ con piacevole interesse che ho riletto più volte questa drammatica pagina di poesia, sono versi di ampio respiro che raccontano squarci di vita insana, la vita dei ricchi, coloro che noncuranti e chiusi nel loro egoismo vanno indifferenti per la loro strada di inutili sfarzi e ricchezze.
    -Ma si sono mai fermati un attimo per chiedersi il perchè del loro malvagio essere al mondo?
    Che dire poi della mnagnificenza di questi versi:
    I LORO STESSI “SERVI” “…restano indifferenti e irriverenti, verso colui che attraversa il loro percorso con fare claudicante e lento…”.
    L’umanità, la bontà, l’altruismo sembrano espressioni morali ed affettive sommerse e schiacciate da forze oscure e maligne, che prendono sembianze e forme umane solo per spargere sofferenza e pena.
    Complimenti, fratello,
    Ciro Sorrentino

    ... on July ottobre 22nd, 2013

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