Come a mosca cieca
Andare a tentoni col pensiero di qua o di là che cambia se fatalmente sempre allo stesso punto poi arriveremo? Valga il vero fatidico, non si disvii: il turbine che mulina la vita e ci alza e ci spinge sulla torre da cui scrutiamo il senso ultimo delle cose nell'effimero ha sempre sbocco. A che nelle fenditure spiare se neppure alla luce vediamo! Solo un infingimento, mi ripeto, stipulato segretamente col cuore, -leva per il cambio della vita- ci salva dal groviglio di tenebre che ci attornia e ci catapulta su altra corsia. Falliti recensori di noi stessi ammettiamo onesti e convinti di non sapere niente oltre il solo fatto innegabile che sorge e tramonta il sole e si nasce e si muore ogni giorno. Fermarsi a mezza via di una strettoia di congetture o in alto mare o in una secca o su un cacume d'argilla di intedimenti sempre smarriti oltre ci si perde e alla mente un perché resta ignoto. Non si svelerà mai e poi mai la forza ignota che ci affatica e spinge i nostri passi ancora, il fluire di una potenza in atto che si attarda e ci solleva e in altri ondeggiamenti ci sbatte. A uno svolto, dopo un dedalo di malinconie e di pensieri, di colpo, riprendono battiti, ci appare una linea d'orizzonte e un senso di essere ci evoca. Bisogna uscire indenni, lucidi e irrobustiti dai soprassalti del vuoto per immaginare una sopravvivenza: dove poi andremo a finire, poco conta . Per ora, non accenderemo ancora ceri all'illusione e alla speranza; un po' di fuoco vivo nel crogiolo pur ci sarà sotto la cenere; domani ritorneremo nella bolgia dei recitanti, occultando l'incontro col nulla, continueremo a blaterare qualcosa.
This entry was posted on martedì, dicembre 3rd, 2013 at 01:44 and is filed under poesie personali. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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