Il nero allo specchio in “NELL’ARMONIA DI LUCI E SUONI” di Ciro Sorrentino

NELL’ARMONIA DI LUCI E SUONI

 

Esplose il buio silenzio

quando il tempo si fermò

perdendo contatto

con il suo stesso vuoto.

 

Il nero vagì respirando

e si specchiò nel nero

comprendendo l’orrore

del nulla sospeso nel nulla.

 

Allora levò corvini i teli

e vergognandosi

del sua gesso nudo

si coprì d’infinita vastità.

 

Cercò gli abissi

che furono suoi padri

e ne riempì le fosse

con lacrime d’espiazione.

 

Come nuvola nella bufera

distillò ogni goccia

decretando in giudizio

la sua lenta cancellazione.

 

Così del nero primordiale

rimase lo spettro

che si guardò nel ghiaccio

che di specchio fece il pianto.

 

Vide vero il suo volto

e celesti le sfere

dove un alito di farfalla

ancora freme esultando.

 

L’ombra comprese

e si sparse negli elementi

che sciolsero l’amore

nell’armonia di luci e suoni.

 

16.02.2014 Ciro Sorrentino

 

Questo mio articolo vuole individuare le ragioni che hanno spinto Sorrentino a scrivere questa dolente e struggente poesia.

 

Credo che “il buio silenzio” sia da rapportarsi allo stato d’animo in cui versa il poeta, all’attimo in cui la vita, per come a lui si presenta – ammantata di nere vesti -, viene come bloccata e arginata, risollevata dalla sospensione di senso in cui il “vuoto” l’aveva relegata e sospinta da un tempo immemore.

 

Ne consegue che “il nero”, la coscienza intorpidita ed estraniata, indolente e sfinita, reagisce al torpore e si desta dal lungo sonno, ritrovandosi nel deserto della vita, ai confini dell’esistenza, abbandonata nella solitudine più nera ed opprimente.

 

La conseguente presa d’atto della situazione estraniante e la volontà di svincolarsi dalla morsa di una spenta vita, che rende l’uomo errante, tra rovi e spini, spinge il poeta a spezzare gli anelli di una catena che ne ha rallentato il passo al punto da trasformare il corpo in una statua di “gesso”, sulla quale si sono posati i mantelli neri dell’incapacità a risolversi e ad essere.

 

Ma ora che l’io si è svincolato dal greve passo, ora che la sua vista non è più annebbiata, né offuscata dalle foschie o, meglio, dalle finzioni in cui l’animo si è ritrovato – forse per sua scelta o per imposizione esterna -, è giunto il momento di guardare l’infinito che si espande e verso il quale sente il bisogno di confondersi.

 

Dunque, Sorrentino ricerca le radici del tormento e della sofferenza, il baratro alienante e destabilizzante nel quale avevano avuto origine i suoi pensieri straniati, tristi, disarticolanti, e riconosciuto il tempo perduto, la resa in cui si era abbandonato, piange commosso: un pianto che purifica e dissolve le ombre, rendendo candide e trasparenti le pareti dell’anima che è pronta ad aprirsi verso nuovi orizzonti di luce e amore.

 

L’io riscatta se stesso, si libera della greve e pesante zavorra, piange commosso e nella “lenta cancellazione”, nell’esaurirsi delle “nuvole” (doppia è l’ambivalenza delle nuvole: portatrici di tempesta, ma anche di acque che riempiono la fonte battesimale per un sacro lavacro) riflette e ripercorre le tappe della sua esistenza.

 

Stupenda l’immagine di conferma che amplifica il significato dei versi precedenti, l’io angosciato che si scopre fantasma di se stesso: “…del nero primordiale rimase lo spettro che si guardò nel ghiaccio che di specchio fece il pianto”.

 

Da questo momento in poi, Sorrentino riesce a vedere se stesso, si scopre autentico nella verità della sua anima, e, in tale esultante conciliazione con il suo mondo interiore, si proietta nella dimensione assoluta ed infinita, laddove la sua spiritualità si apparenta al girotondo esaltante di un volo tra le stelle, l’immagine della farfalla che è la sua anima è a dir poco sublime, “…un alito di farfalla ancora freme esultando”.

 

La conclusione avvia il poeta su nuovi sentieri, quelli della speranza, della ricerca di tutto ciò che può rilevare e fissare “…l’amore nell’armonia di luci e suoni”.

 

20.02.2014 Letterature Comparate, prof. Cinzia de Rosis

This entry was posted on giovedì, febbraio 20th, 2014 at 21:07 and is filed under Articoli. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.

1 Commenti

  1. Cinzia de Rosis Scrive:

    Versi di profonda intensità, versi che attraversano l’essere e ne raccontano le inquietudini e i fantastici voli.
    Con affetto e stima,
    Cinzia de Rosis

    ... on July febbraio 20th, 2014