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Letteratura Poeti Famosi



Mea gens : Il Ticino

 

 

Mughettose, festanti e ridenti le sponde del Ticino,

querce secolari e castagni d’odorosi boschi:

mazzolini fioriti e cesti di porcini  dal profumo intenso

a Milano offriva un tempo  Modestino 

a Porta Ticinese e Lodovica e in Piazza Duomo:

una vita semplice, frugale e priva di pretese.

Un tempo l’azzurr’onda sfiorava con fruscio i bianchi

sassi e arsi, cotti dal sole Giovanni e i suoi fratelli

 lunghi forconi  agitavan svelti nell’acqua dai barcè

e i levigati ciottoli,  frammenti di grezzi massi

 nel fiume a monte rotolati e poi rotti e spezzati

da salti e lavorio dell’acque e trascinati

per  tempi e per stagioni sconosciute,

 l’affannosa e sobbalzante corsa  qui finivan

fermati, imprigionati da rebbi rugginosi;

 poi da fatica aggiunta e a forza aggiunti

a guisa di bianchi  su un ampio slargo monticelli

  portati infine  in  fornaci ardenti e vetrerie

davano pane a Giovanni e ai  sassaioli  

tramite  forma e vita di  familiari oggetti:

vita dura e faticosa con dignità vissuta.

Soli nel lavoro e nella vita al Goss e Margarota,

“salvadag”  li chiamavano certuni:

era poi falso  ma si sa  la cattiveria

 era ed è  allora come oggi assai presente

che, per  il dimesso aspetto e i poveri vestiti

miseri stracci più volte rattoppati,

si diceva e si credeva avessero  malie

 strane  e odiassero sia i grandi che i piccini,

per questi allora non vi era peggior babau :

 meglio evitarli non incontrarli in strada.

Così costretti da questa  diceria odiosa

a percorrer solitari solitarie vie la vita tutta

giorno per giorno fuor che nell’Inverno

dall’alba fino a sera tarda e senza sosta

curvi e piegati lungo i cigli di rami

secondari del Ticino  tagliavan di netto

con l’acqua sino alle ginocchia, ah povere ossa,

teneri giunchi e ne facevan solide fascine.

Io bambino  “milanese” , ospite dei nonni a Motta

e  non del tutto  ignaro di tale cattiva  maldicenza,

questa  devo rigettare e dire forte: “Care figure addio,

agrodolce ricordo della fanciullezza!”

Volle il caso che per caso li incrociai,

cigolava la carriola colma di fascine,

forti gli attriti della sgangherata ruota,

solo,  tremante, impaurito ed alla fuga pronto

fui fermato non da callose e ruvide  mani

né da sdentate e paurose bocche

ma da due  ciau e da larghi sorrisi

accompagnati  da gesti  in forma di saluto:

non membra d’orchi ma di persone umane!

Vita misera e piena di tristezze se non dolore:

per poche lire  un certo Giovanö prendeva le fascine!

Mani esperte rapide le sue  e veloci ed ecco cesti,

cestini,  fiaschi impagliati e  damigiane

 di vesti intrecciate rivestite e belle,

centri, centrini, sporte e sottovasi:

parte all’industria, parte alle osterie,

il resto infine lo vendeva  Ghita la moglie

col suo banchetto di sabato al mercato.

Di tutti forse  la miglior ma pur sempre vita  grama!

 

 

Motta Visconti ……………

 

 

This entry was posted on venerdì, luglio 6th, 2012 at 08:22 and is filed under Poesie D'Amore. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.

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