Ylenia la mia rilucente cometa

 

Ylenia la mia rilucente cometa

 

Amor  che vissi e vissi

di sol abbracci,

che vuoi che sia il rimpianto ,

in verità è un doloroso ardore,

stizzisce di luce,

e offusca già bui e

tenebre adescanti.

 

Fermo…  fermo sole in attesa

non  destarti aspetta,

ho quasi finito,

le stelle son nel mio paniere

ma le comete sfuggono,

che rabbia son veloci

belle e ineffabili

ma ho te..la più brillante.

 

( A mia figlia Ylenia )



GLI SPAZI TUTTI E IL MIO UNIVERSO dalla raccolta “A Sylvia Plath”

D’ignoto e puro amore

si nutrì la tua vita

che si rialzò più volte,

invano gridando – “Aiuto!”

 

Rimase puro il tuo grido,

fresca la tua anima

fu rapita dalle onde

di liquido e vaporoso fuoco.

 

Ancora risuona la tua voce,

e strazia l’incompreso

perso in questo vieto

così vacuo mondo di spettri.

 

No, non sarai obliata,

resisterai sempre

al vapore di statue

che si veste d’irriverenza.

 

Eterno sarà il tuo respiro

e scuoterà i mantelli,

mummificati corpi

ormai aspirati dal vuoto.

 

Tremola e mi raggiunge

la tua libera voce,

infinita come il soffio

che del primo “scoppio” vive.

 

Vibrerai pulsando,

come fonte di “stringhe”,

e inonderai di suoni

gli spazi tutti e il mio universo.

 

20.03.2013 Ciro Sorrentino 



Sottile e fragile

Sottile e fragile

 

Notti desti e giorni fecondi,

cosparsi e derisi

da una strana e fatal ansia,

non intesi che il tempo è tempo,

e non resta che cenere

dopo un  gran fuoco,

che importa il volere,

il dare è feroce, il prendere  è vorace,

il cercare impossibile,

il trovare è potere,

ma non credo più  negli affanni

son goffo nell’ amare.

 

La gente, mai più ebbi

a prostrarmi ad essa,

il nulla, sempre il nulla,

sempre dolori,

l’amore, l’affetto, il bramare,

son solo esplosioni beffarde,

lancinanti e cosparse di

strani e oscuri mugugni.

 

Che vale vivere se la vita non è vita

se nulla è vero, ho fame ho sete,

ho voglia di amare,  ma non vedo

che nulla e silenzio,

e domani è un altro giorno

di inutili e sofferenti attese.

 



La ricerca dell’Assoluto in “NEGLI ECHI DELLA NOTTE” di Ciro Sorrentino

NEGLI ECHI DELLA NOTTE

 

Al tramonto vibra ogni respiro

sul filo d’orizzonte…,

non si vede la fine

solo vampate di rosso nell’infinito.

 

Rimbalzano voci

lievi brezze di un cielo lontano…,

ingenui e luminosi

vanno i globi rincorsi dalle spume.

 

Sottili rimbalzano le bolle d’aria

sulle pareti ardenti…,

bruciano fili di fumo

vivo e rosso sulle roventi rocce.

 

Frenetiche farfalle si arrotolano

tra riposanti spirali…,

nell’arcano anfratto

aspira l’amore il perno del naviglio.

 

Sono accesi i sogni

petali rosa nel giardino fiorito…,

sanguinano odori 

dal calice del fiore nascente.

 

Negli echi della notte

lacrime di gioia imperlano la pietra…,

si schiude la rosa

sul groviglio sciolto dell’anima.

 

16.03.2013 Ciro Sorrentino

 

Il titolo “Negli echi della notte” rappresenta una situazione oggettiva, il “luogo” figurato e sospeso nel quale il poeta si immerge, ritrovandosi ancora una volta nel’accentuarsi di una meditazione che lo “trascina” via dalla realtà, una realtà che dilania e sfregia il suo mondo e i “bisogni” dell’anima.

 

La circostanza è talmente dichiarativa che sembra vedere il poeta accasciato sulla riva del mare, rapito da un lento frangersi di onde che contrastano il silenzio dal quale si sente circondato; un silenzio che lo estranea alla quotidianità di un’esistenza senza senso, consumata nell’appiattimento e nell’evanescenza assoluta.

 

Nell’estasi che ne deriva, ecco che il suo “respiro” si nutre e si alimenta delle “essenze” dell’imbrunire, ne percepisce le fragranze magiche e oniriche, mistiche, ma soprattutto quel senso “ermeneutico” di proiezione dell’io nella vastità infinita, come più volte Sorrentino definisce l’arcano mistero del creato.

 

Eccolo sussultare, “sul filo d’orizzonte”, la sua luce si “assorbe” a quella del Sole che, lentamente ed inesorabilmente, si allontana dalla spiaggia disseminata di granelli sempre più scuri ed invisibili.

 

É solo…, abbandonato nel suo tormento, nella meditazione esclusiva del naufrago che cerca Dio nello specchio di se stesso.

 

Questo il senso delle “vampate di rosso nell’infinito”; la luce rosseggiante, che tremola nella sua “deviata” orbita, è la luce del suo spirito che gira costantemente, senza sosta, né pace.

 

In questo “vuoto”, che è la realtà del poeta, e paradossalmente l’unica che si renda ai suoi occhi autentica, lo raggiungono richiami “di un cielo lontano”, parole che scivolano sulle ali di un mite e confortevole vento che “rinfresca” i suoi pensieri.

 

Non è un caso che, nei versi successivi, si dica “ingenui e luminosi vanno i globi rincorsi dalle spume”, le spume delicate delle correnti di un mare che accoglie, nel suo dondolio luminescente, il candore sperduto dell’anima.

 

Potremmo dire che Sorrentino affidi le sue riflessioni, al vento che le innalza e le spinge in un continuo rimbalzare “sulle pareti ardenti” della sua mente.

 

Riflessioni. Riflessioni racchiuse in “bolle d’aria”, che si consumano e si ravvivano come i suoi sogni, quei “fili di fumo” che si levano instancabilmente vividi da un letto di rocce, da una mente irrigidita dal tempo della storia.

 

Sogni e speranze sono le “frenetiche farfalle” che “si arrotolano tra riposanti spirali”, si sottraggono alla velocità di quel sorgere e tramontare del Sole, alle ore della loro breve esistenza; eppure, quantunque, il poeta “apparenti” i sogni alla quasi impalpabile magnificenza delle farfalle, le lascia riposare, quasi addormentare in un letargo “salvifico” che ne prolunghi la vita.

 

E il motivo di questa scelta, viene subito chiarito dai successivi versi, laddove il poeta dice “nell’arcano anfratto aspira l’amore il perno del naviglio”: da qualche parte, nell’universo immenso e senza tempo l’amore esiste e sente i suoi lamenti e lo cerca, cerca il cuore, “il perno” di questa sua nave senza timone e senza ragione.

 

In questo “passaggio”, in questo intendimento che stringe e fonde l’amore e il cuore, Sorrentino sembra trovare una momentanea “stagione” della serenità, e dal suo inconscio i sogni prendono forma e colore, diventano i “petali di rosa nel giardino fiorito”, nell’oasi che lo ospita e gli dona la quiete.

 

Sublime l’immagine “del fiore nascente” che versa il suo giovane profumo come se fosse sangue, linfa trasparente e cristallina che cerca la mano del poeta, la mano su cui adagiarsi: e lui è lì, pronto a raccogliere questo pianto di amore e gioia, questo scorrere delle acque che sono perle sulla mano pietrificata della sua vita.

 

                                                                                     18/03/2014 Dipartimento di Lettere e Filosofia, prof. ATTILIO BELTRAMI           



Cela, nascondi, taci.

Cela, nascondi, taci

 

Tu che fosti e non sei

che linfa trascorsa,

non sfregar le mani

sulle tue candide tempie

e non serrare gli occhi,

alza alza il capo e osserva

quanto grande è il cielo,

lui è incontaminato

non conosce affezione,

inganno, angoscia,

e in ogni astro vi è

passato e futuro,

no  no il  presente

non acclama sentori, 

ne collera ne amore,

solo un vorticoso

girar e rigirar il capo

in ogni dove,

cercando e cercando

li dove nulla propone

il destino beffardo,

odioso e imponderabile.

 

 

Che gioco esasperante

volersi bene,  dai amici

voltiamo pagina

e nascondiamo l’affetto,

presto prima che giunga

il cuore e l’anima e il cercarsi

e il condividere e l’abbraccio

e il dire “Ti voglio bene “

presto alziamo il tappeto

e celiamo li sotto

le nostre debolezze,

dai dopotutto si muore,

finalmente  finalmente…

 

Raffaele Feola Balsamo.

 



Follia, solo follia.

 

Follia, solo follia.

 

Folle e folle fui,

seminai vento

e raccolsi affetto,

non ebbi sentore

e colsi fragranze,

volli il freddo

e giunsero fiori

e gemme abiette.

 

Volli, fortissimamente

 volli amore,

e raccolsi spregi,

che fare della freccia

che il perfido Cupido

scoccò con occhio bieco,

egli mancò il bersaglio

e trafisse un innocuo

passante sul

percorso della vita.

 

Son ferito ma non muoio,

son triste e sofferente,

ma il cielo è sempre

più blu, qualcuno disse,

ma quante nubi nere

calde e splendenti,

son le mie compagne di vita

e con loro non son solo.