marzo 23, 2014 - Inserito Da Attilio Beltrami - 3 Commenti
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GLI SPAZI TUTTI E IL MIO UNIVERSO DALLA RACCOLTA “A SYLVIA PLATH”
D’ignoto e puro amore
si nutrì la tua vita
che si rialzò più volte,
invano gridando – “Aiuto!”
Rimase puro il tuo grido,
fresca la tua anima
fu rapita dalle onde
di liquido e vaporoso fuoco.
Ancora risuona la tua voce,
e strazia l’incompreso
perso in questo vieto
così vacuo mondo di spettri.
No, non sarai obliata,
resisterai sempre
al vapore di statue
che si veste d’irriverenza.
Eterno sarà il tuo respiro
e scuoterà i mantelli,
mummificati corpi
ormai aspirati dal vuoto.
Tremola e mi raggiunge
la tua libera voce,
infinita come il soffio
che del primo “scoppio” vive.
Vibrerai pulsando,
come fonte di “stringhe”,
e inonderai di suoni
gli spazi tutti e il mio universo.
20.03.2013 Ciro Sorrentino
Il poeta si rivolge alla donna che, nella sua frenetica ricerca, cercò la strada per cogliere la purezza e la perfezione della parola, quella parola che traduce il pensiero e tutto il mondo intimo e misterioso del quale l’essere umano è fatto.
E tra delusioni e successi, tra la gioia e la sofferenza, tra l’esultanza e l’avvilimento provò a rialzarsi cercando un appiglio, qualcuno che le tendesse una mano per comprendere le sue ragion d’essere.
Ma ogni richiesta rimase insoddisfatta e, schiantata dall’insopportabile peso dell’incomunicabilità preferì “escludersi” alla vita, almeno a quella in questa forma conosciuta.
Si abbandonò alle correnti di un universo “anomalo”, e utilizzò di questa vita uno degli elementi costitutivi, quello che origina nella sua vaporosa liquidità la fiamma.
Ma il suo pensiero, l’anima che vide se stessa e decise di dipartire per l’oltre sconosciuto, ancora vive e Sorrentino la percepisce, ne avverte gli echi, lui così solitario, e parimenti estraneo alla vita, ne raccoglie i frammenti, ciò che resta in questa dimensione così futile e piena di ombre.
E si rivolge a Sylvia Plath con la dolcezza del custode, di chi vuole ricordarne la passione e la fiamma che alimentò la sua vita tanto sfuggente, perché diversa e pura, da una realtà mistificata e popolata da stupide marionette, ammantate d’insolenza e dileggio.
Sorrentino avverte il “respiro” di Sylvia, quel soffio divino che arde e dice di mostrarsi veri ed autentici, di scoprirsi nello specchio, piuttosto che adagiarsi sul piano dell’insolvenza ad essere e rimanere come mummie senza storia.
È come se il poeta senta in sé quel “respiro”, e attraverso esso abbia raggiunto una diversa comprensione della vita: sembra quasi che vada alla ricerca delle origini dell’universo, del meccanismo che innescò reazioni a catena, fino a far nascere la donna/mito, l’angelo Sylvia Plath.
L’associazione tra la natura di Sylvia e il big bang si fa evidente, Sorrentino immortala la donna/poeta non già in una icona del conosciuto su questa terra, ma la rende infinita, come infinito è il sorgere e risorgere dell’universo e degli universi.
Universi, certo, molteplici universi, non uno, ma tanti.
Volutamente Sorrentino ha stigmatizzato la voce di Sylvia nelle “stringhe” che sono parte di quella teoria che ha ipotizzato universi paralleli.
E la vede pulsare in ogni dove, negli “spazi” conosciuti, in quelli possibili e, soprattutto nel suo mondo, il mondo dell’empatia e della percezione che sembra farlo comunicare con quest’anima vibrante e rilucente, virtù e simbolo d’amore.
23/03/2014 Dipartimento di Lettere e Filosofia, prof. ATTILIO BELTRAMI
marzo 23, 2014 - Inserito Da Feola Raffaele - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie D'Amore
Il mio gratificante lavoro
Scrivo scrivo mentre l’altra mano
scorre veloce nel suo lavoro.
Quante e quante cose ho da raccontare
e la bocca con indentro
leccornie amare e misere
rumoreggiano
fastidiose e incessanti.
Pazienza la catena di montaggio
trae tempo e garbo al povero di turno,
che con felice gioia
raccoglie a piene mani il frutto del suo lavoro,
ma ahimè le sue mani son talmente piccole
che entro non hanno che da possedere
che pochi, ma pochi soldini,
giusto per un pezzo,
ma piccolo pezzo di pane,
companatico niente di niente.
Pazienza mai fu scritto
che la morte per fame
debba avvenire con sazietà,
cosi fu deciso da scellerati cosi avvenne
in una bieca e odierna realtà.
A presto amici torno al lavoro
e che la fame sia con noi.
marzo 22, 2014 - Inserito Da Feola Raffaele - 1 Commento
Post Categoria: Poesie D'Amore
Il mio deserto
Ombre, mio Dio, buon Dio,
una passeggiata nel deserto,
quanta bella e silenziosa gente,
che sfoggio di visibilità
occhi dipinti e mani luccicanti,
sguardi cortesi,
movenze e movenze diverse,
ombrellini dipinti
e che sguardi accecanti
di lussuriosa goduria.
Un fuggi fuggi di rondini fuori rotta,
dai silenziosi mormorii
ma che strano, saranno impazzite
o corrose dal tempo.
Mi dirigo verso quel miraggio
berrò e berrò qualcosa e poi dimentico,
ma cosa benedetto Dio,
qui è tutto così strano.
Quanta sabbia veloce e penetrante
acceca e si insinua nell’anima
che strano il deserto,
è rigonfio di gente e appariscenze,
calde ma inutili, ma non è corrotto,
non vi son che poche afflizioni,
è mistico incolto severo,
mai odi ciance e pronunci,
e strani anatemi verso quell’ingrato
ma accattivante sole arroventato.
Ma come fanno gli ultimi cavalieri
a scorazzare su animali a due gobbe
e non pensano all’amore,
o forse si, ma a loro basta
lo sguardo ed hanno tanti,
e tanti amori,
io son solo e mi basta.
marzo 22, 2014 - Inserito Da Feola Raffaele - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie D'Amore
Insieme
Lieve brezza in un cielo ricoperto
di vaghi sortilegi
e di magiche sublimazioni,
abbracciami e meditiamo amore mio
che giunga il misterioso brivido,
la vita si dissolve lentamente
e con mesta e laconica indolenza
sguazziamo nei suoi arcani segreti,
ma siamo felici, ed ogni scoperta
è un lento avvicinarsi
a quella stella lassù, lì in alto,
tanto in alto, ed ella
par quasi esser partecipe
al nostro sogno chiamato “ vita .“
Non perderò la tua mano, la terrò
stretta stretta stretta,
essa mi sarà compagna
e guida e certezza.
Mia Dea quanto bella sei,
sfioro le imponderabili
meteore con distensione,
e quanto appagamento
nei nostri bizzarri cuori
che del cosmo han fatto
la loro casa,
e dell’amore la panacea
a quei mali oscuri,
che mai ebbero voglia
di rallentare il veloce spreco
delle nostre esistenze.
marzo 21, 2014 - Inserito Da Ciro Sorrentino - 2 Commenti
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Quando penso a Sylvia,
giovani rondini
aprono le nuvole,
gemmando l’anima
con le calde gocce
del suo inquieto sangue.
Sui sottili rami in fiore,
si desta la mente
dalla penombra,
che guida e segue
le colonne di nebbia
dei miei inquieti pensieri…
E La sento nelle foglie,
al tocco del vento,
in una danza da sogno
che mi sommerge
con l’aroma incantato
di tale incredibile incontro.
20.03.2013 Ciro Sorrentino
marzo 21, 2014 - Inserito Da Feola Raffaele - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie D'Amore
Che strano miraggio
Che strani bagliori
in quel lontano orizzonte,
son lacrime di fuoco
e pungono pungono pungono.
Mai ebbi più colpa
di un cattivo miraggio,
son desto ma dimmi tu
rosso fuoco di cosa ti nutri
se non di affetti repressi.
Quanti malinconici colori
dopo il rosso purpureo
e il verde speranza
e il triste nero,
e il giallo ocre
dei fiori di plastica
sparsi per di qua e di là,
come a cercar sorte in un mondo
a volte fasullo a volte cristallino.
Che orizzonte incantevole,
cosparso di chimere e chimere,
profumi silenziosi,
e rumori profumati
e corpi con due cuori
e anime senza anima.
Dai mondo strano
non essere ingrato
noi sappiamo,
ma non comprendiamo,
son ormai destato
ed ho compreso
che i tramonti son artefici
di laconiche illusioni.