Basta

 

 Basta

 

Che notte sublime,

quante stelle e quanti sogni

vorticosi e incalzanti,

scappo e rincorro

lontane utopie,

ho deciso sarò infelice,

che torpore,

sontuoso e impalpabile,

muterò l’oro in ferro,

non amerò per tenerezza,

sarò solo un fugace amante,

tu vuoi così amor mio.

 

Aspetta e quando giungerà

il mio cocchio

non fuggire nell’udire

lo scalpitio dei boriosi cavalli,

da te vorrò solo l’addio,

null’altro che un addio.

 

Rivestiti, non mi seduce

il tuo corpo senza veli,

amavo le tue smancerie,

il tuo animo, il tuo cuore,

spengo sole e stelle,

basta con i rimpianti

buio e buio null’altro.

 



MADRE MORTE .

Sospiri lontani su labbra di dolore
che opprimono il cuore e l’ anima ,
mani che stringono rosai di sangue
e sguardi di ragazzini avvolti
nel grande mantello nero della MORTE . .
Anime rapite da un oscuro destino
sfiorano sorrisi senza denti ,
rosso scorre il sangue su petti freddi 

e nero è la mano della MORTE . 
Azioni che uccidono la vita
che nel delirio di un battito di ciglia
si erge al di sopra dell’ AMORE 
occhi spenti, guardano con stupore 
di terrore l’ oscura ombra della MORTE .
Tormento infinito si insinua 
su fragili corpi di neonati innocenti ,
mamme che camminano sul filo
della pazzia aprono la loro anima 
alla eterna MADRE MORTE .
Il mistero della vita diventa carnefice 
della sua anima di donna ,
cadere nel più profondo buio 
dove solo un’ ombra di un labile 
ragionevole dubbio si prende 
corpo e anima nel nome della MADRE MORTE ., 
L’ umanità di una MADRE assassina 
si azzera senza pietà al cospetto di un DIO
che tutto ha dato all’ emisfero femminile e
che dovrebbe donare vita e non MORTE…..
Cedendo lo sguardo oltre i confini del sapere 
corpi straziati di piccoli bambini
domandano dove la MADRE MORTE 
colpirà ancora …..!!!!!!!!
carmelo ferrè…….10/03/2014



Non andar via

 

  Non andar via

 

Quanti e quanti pensieri

sotto quel cielo,

tanto e tanto tempo

sospirai amor che fosti

gaudio e poi afflitto,

ebbi e non seppi che tal

sospirato affetto fu solo

sogno e poi incubo

e poi dolore.

 

Dai anima mia,

afferro ciò che posso,

chiudo anima e cuore

in un forziere

e ti pervengo,

dai che la strada è lunga,

la fiamma lacera

e arde ansiosa,

dai dai ci vuole legna

non deve acquietare tal fuoco,

no non può finir così.

 

Lo sguardo, l’abbraccio,

il tuo languore,

dai amore mio non fuggire,

che faccio,

non sopporto tal tristezza

devo e devo e devo

voler averti,

con e senza anima,

ti prego,

 non andar via aspetta,

vedrai c’è luce e tanta luce.

 



NELLA CATTEDRALE DELLA SOFFERENZA

Gioiosa la tua posa

nel fissare bianco il foglio

che si animava

nel nero inchiostro

dove è ritratta l’immagine

della tua anima.

 

Forte la tua emozione

 e strano lo stupore

per parole mai udite

nel giro di versi

di un amore impalpabile

eppure così profondo.

 

Riflessi di luce sono scivolati

sui tuoi aurei capelli

bagnati da lacrime

di calda pena che cercavi

di frenare con le dita

sfiorandoti le dune del viso.

 

Ma una è sfuggita

alla tua presa e svanendo

ne ho visto il cuore

nel lampo di sole

come se l’universo racchiuso

volesse esplodere.

 

Di te ho visto il fondo segreto,

la pura dolcezza

mascherata dalla forma

di un corpo seducente

che ti magnifica ed esalta

circondandoti di sinistri affetti.

 

Ho sfiorato lentamente

il ciuffo di capelli

sulla tua fronte appesantita

ed ho sentito la pelle vibrare

come non fosse abituata

alla vastità di fedeli carezze.

 

Avrei dovuto stringerti

intrecciare le mani

avvicinare le tue guance

 per sfiorarne la seta

tutta bagnata e libera

ancora imperlata dal pianto.

 

Poi ti sei ripresa

e la realtà ha sconquassato

 il tuo attimo di respiro

presto ti sei ricomposta

 nel minuscolo specchio

di tante profumate sfumature.

 

La stanza del tuo cuore

 si è di nuovo chiusa

riprendendo sembianze

di umana finzione

nel tempo che si ripete

nei rintocchi d’una campana.

 

Allora sono indietreggiato

di fronte alla statua

che nella sua imponenza

 mette in soggezione

per il troppo stupore

e l’irraggiungibile preziosità.

 

Mi sono rigirato salutandoti

 e nel mare di lacrime

del mio desolato cuore

ho ripreso il cammino

 ritrovandomi di nuovo

nella cattedrale della sofferenza.

 

02.03.2014 Ciro Sorrentino



Il grande ritorno

Il grande ritorno.

 

Odiosa e infingarda la mia vita,

vuota e acre

come lo strizzo del giallo limone,

indolente e astiosa

irriverente ma schietta,

che vuoto questo vuoto,

vivo ma son esanime,

dai mio Signore,

ti prego non addolorare,

nel giorno dell’attesa rinascita

non sarò partecipe,

non voglio, non potrò.

 

Silenziosa scorri via esistenza,

indifferente e monotona

ripeti e ripeti e mai dici,

perché non vedo

e non sento più

fiori e profumo e amore

e rispetto e verità e abbracci,

ma solo e solo brusii,

no mio Signore non ci sarò

nel giorno del grande ritorno,

forse quando esso giungerà

io ancora non avrò compreso.

 



IL LAMPO ROSSO

Conosco il fondo oscuro,

l’obliquo abisso

che i molti spaventa

e anche te che stai piangendo.

 

Non essere impassibile

alle mie parole,

non dare ascolto

alla follia del tuo cuore.

 

Tu segui ombre d’amore,

che ti regalano

il sapore dei veleni

e l’atrocità del tramonto.

 

Vinci l’avvilente angoscia

e non rimpiangere

l’ingannevole Luna,

che Ti folgora con neri sogni.

 

Guarda la scia di lucciole

che passa veloce

e si dissolve tremula

nei vuoti del tuo essere.

 

Si è spenta cadendo

nell’ombra la sua luce,

e franando ha preso

il sorriso dalle tue labbra.

 

Ascoltami!

 

Afferra l’umido respiro

che nasce dall’erba

dei miei sogni agitati,

folli di Te come petali ardenti.

 

Non dissolverti, amore!

 

Fuga le amnesie del cielo

che di tante comete

ha preso le ultime gocce

annientandone il lampo rosso.

 

01.03.2014 Ciro Sorrentino