Elegia

Quanti solleoni e rose settembrine
nevi nidi e fiori di ibisco
discendendo la vita potrò
ancora censire prima del nulla?
Chiuderò anch’io gli occhi
e sposerà pace e oblio
per sempre cuore intirizzito.

Oh addio giorni di stelle cadenti,
difesi ultimi sogni tardivi
ricordi di carezze e baci
di arrivi e partenze furtive
addio speranze e illusioni
disciolte in intrugli amari!
Chi vi poté credere e ubbidire
istigato dalla voglia di vivere
prima che abiezione funghisse
e rancura abbattesse amore!
Cuore incontri e t’accompagni
oggi a smanie di funebri brame
taciti voci e silenzi risali.
Ridato mai ci è quanto perduto:
la corda dell’innocenza prima
tesa si spezza e il suo carillon
nessuno poi più ode deluso.

Tu hai visto quanto ti ha amato
come ha gioito e tremato donna
quando per un poco lo hai toccato
e come dignitoso abbia poi pianto
espiando la pena di un inganno.
Che altro fluisce tra te e me
lamia con petto artigliato
mentre aspettiamo la fine
e il nulla cresce e si infiocca?
Che ti sazia mentre il tempo
sorpassa il passato e lo specchio
ti ricorda vespri di beltà
giunti con ciocche di capelli
bianchi oggi ancor più fitte?

Ognuno solo per conto suo
passante tra giorni di gramaglie
e ragne di ricordi viscosi
illuso, più illuso di prima,
illuso di padroneggiare il timone
di una vita che molle e floscia
delusa barcolla su un vascello
senza alberi e vele, che va
senza sestiere per un deserto mare
senza vento verso la boa
che segna il confine di ogni veduta
all’allungo della luce di un faro.
Che vedi nitido davanti a te
oltre il supplizio mio mesto che sbuca
e rischiarisce da questa lontananza
d’anima al venir della cava sera?

La guerra è finita e insieme siamo morti:
ognuno forse illumina la sua ombra
vagando tra campi di memorie:
all’altra amata, miserrimo chiede perdono.



NEL TUO DISTESO RESPIRO – dalla raccolta “AMORE ALLO SPECCHIO”

Un vivido arcobaleno

fu spettatore

del mio cuore in fiamme

e quando d’impeto

scrissi i primi versi

sembrò comprendere in sé

 la tua primavera.

 

Niente può superare

i sette mirifici colori

che avvolsero

la tua apparizione

nessuna accesa estate

sarà così intensa

come quell’attimo infinito.

 

Ancora un arcobaleno

accoglie i miei sogni

e la tua vermiglia rosa

che quasi svestita

dei rossi petali

svela il mistero celato

nel tuo disteso respiro.

 

22.02.2014 Ciro Sorrentino



In campagna

 In campagna

 

Belli i tramonti

sulla casa campestre,

 l’andar via di luce e cieli chiari

in cambio

di stelle e comete.

 

Ma che dir se il bifolco irrita

e sconcia la giumenta,

 se l‘ indifferente insolenza

di un cesto di rovi

si pronuncia mostrando tulipani

anziché rose,

dai non dire, pensa e fuggi,

la vita è cosi.

 

E’ giunto il buio e la tregua,

l’ essere compreso

e come il decantare,

sii calmo,

ma tenace nel dire,

tenero nel concedere,

rissoso nel compattare,

non confidare e vivi il tuo sogno,

il resto è solo menzogna.

 

 



BACI D’ AMORE…..

Nel dolce tepore della sera
un solo respiro ,
il nostro immenso amore
che leggiadro e lieve si specchia
nel bagliore di una nascente stella .
Labbra che si sfiorano,
labbra che si cercano ,
labbra che si trovano e
si uniscono senza pudore .
Ascoltare i nostri cuori
battere all’ unisono sui nostri petti ,
socchiudo gli occhi
per assaporare il tuo profumo

di pesca ambrata
e calde spire di desiderio

invade il mio corpo stretto
tra le tue accogliente braccia ,
sei cosi morbida e leggera
come un bocciolo di rosa
e io mi ritrovo in te inebriandomi
dei tuoi ardenti baci ,
sei stupendamente bella e
la tua essenza di donna
si espande nel muto silenzio
di sguardi innocenti dei tuoi
incantevoli occhi celesti .
Mio piccolo amore
in te ritrovo la gioia ,
in te ritrovo il mio alito caldo
in te mi ritrovo bambino e uomo ,
voglia di te e delle tue carezze ,
voglia dei tuoi baci che da labbra
rosse fuoco di passione
danno un senso a questo nostro desiderio
….Sei stupendamente bella che le stelle
si nascondono al tuo cospetto di donna …. 
Io ti sento  vibrare al tocco delle mie mani
e ti sento viva,
la tua presenza risplende in me e
colmi l’ anima mia accarezzandola
di sorrisi e sguardi d’ amore ,
tu sei acqua di sorgente e di tenerezza
che irrompi nel  mio cuore a dissetare la mia vita !!…..
Che senza te non sarebbe nulla… 
TI AMO ……..

carmelo  ferrè ….21/02/2014



Il nero allo specchio in “NELL’ARMONIA DI LUCI E SUONI” di Ciro Sorrentino

NELL’ARMONIA DI LUCI E SUONI

 

Esplose il buio silenzio

quando il tempo si fermò

perdendo contatto

con il suo stesso vuoto.

 

Il nero vagì respirando

e si specchiò nel nero

comprendendo l’orrore

del nulla sospeso nel nulla.

 

Allora levò corvini i teli

e vergognandosi

del sua gesso nudo

si coprì d’infinita vastità.

 

Cercò gli abissi

che furono suoi padri

e ne riempì le fosse

con lacrime d’espiazione.

 

Come nuvola nella bufera

distillò ogni goccia

decretando in giudizio

la sua lenta cancellazione.

 

Così del nero primordiale

rimase lo spettro

che si guardò nel ghiaccio

che di specchio fece il pianto.

 

Vide vero il suo volto

e celesti le sfere

dove un alito di farfalla

ancora freme esultando.

 

L’ombra comprese

e si sparse negli elementi

che sciolsero l’amore

nell’armonia di luci e suoni.

 

16.02.2014 Ciro Sorrentino

 

Questo mio articolo vuole individuare le ragioni che hanno spinto Sorrentino a scrivere questa dolente e struggente poesia.

 

Credo che “il buio silenzio” sia da rapportarsi allo stato d’animo in cui versa il poeta, all’attimo in cui la vita, per come a lui si presenta – ammantata di nere vesti -, viene come bloccata e arginata, risollevata dalla sospensione di senso in cui il “vuoto” l’aveva relegata e sospinta da un tempo immemore.

 

Ne consegue che “il nero”, la coscienza intorpidita ed estraniata, indolente e sfinita, reagisce al torpore e si desta dal lungo sonno, ritrovandosi nel deserto della vita, ai confini dell’esistenza, abbandonata nella solitudine più nera ed opprimente.

 

La conseguente presa d’atto della situazione estraniante e la volontà di svincolarsi dalla morsa di una spenta vita, che rende l’uomo errante, tra rovi e spini, spinge il poeta a spezzare gli anelli di una catena che ne ha rallentato il passo al punto da trasformare il corpo in una statua di “gesso”, sulla quale si sono posati i mantelli neri dell’incapacità a risolversi e ad essere.

 

Ma ora che l’io si è svincolato dal greve passo, ora che la sua vista non è più annebbiata, né offuscata dalle foschie o, meglio, dalle finzioni in cui l’animo si è ritrovato – forse per sua scelta o per imposizione esterna -, è giunto il momento di guardare l’infinito che si espande e verso il quale sente il bisogno di confondersi.

 

Dunque, Sorrentino ricerca le radici del tormento e della sofferenza, il baratro alienante e destabilizzante nel quale avevano avuto origine i suoi pensieri straniati, tristi, disarticolanti, e riconosciuto il tempo perduto, la resa in cui si era abbandonato, piange commosso: un pianto che purifica e dissolve le ombre, rendendo candide e trasparenti le pareti dell’anima che è pronta ad aprirsi verso nuovi orizzonti di luce e amore.

 

L’io riscatta se stesso, si libera della greve e pesante zavorra, piange commosso e nella “lenta cancellazione”, nell’esaurirsi delle “nuvole” (doppia è l’ambivalenza delle nuvole: portatrici di tempesta, ma anche di acque che riempiono la fonte battesimale per un sacro lavacro) riflette e ripercorre le tappe della sua esistenza.

 

Stupenda l’immagine di conferma che amplifica il significato dei versi precedenti, l’io angosciato che si scopre fantasma di se stesso: “…del nero primordiale rimase lo spettro che si guardò nel ghiaccio che di specchio fece il pianto”.

 

Da questo momento in poi, Sorrentino riesce a vedere se stesso, si scopre autentico nella verità della sua anima, e, in tale esultante conciliazione con il suo mondo interiore, si proietta nella dimensione assoluta ed infinita, laddove la sua spiritualità si apparenta al girotondo esaltante di un volo tra le stelle, l’immagine della farfalla che è la sua anima è a dir poco sublime, “…un alito di farfalla ancora freme esultando”.

 

La conclusione avvia il poeta su nuovi sentieri, quelli della speranza, della ricerca di tutto ciò che può rilevare e fissare “…l’amore nell’armonia di luci e suoni”.

 

20.02.2014 Letterature Comparate, prof. Cinzia de Rosis



RIFLESSI IN UNO SPECCHIO OPACO…..

Ti sei spogliata della tua arroganza
e senza dire niente hai teso la tela
della viscida indifferenza
che albeggia su falsi sorrisi,
chini il capo cosparso di cenere ,
il raccolto di una vita senza lacrime ,
grani di spicchi bruciati dalla tua pelle
ora girano nel vortice di amplessi indigenti .
Ti sei spogliata della tua infame coscienza
e ora nuda senza anima e ne colpe
rifletti la tua ingannevole bellezza
in uno specchio opaco come i tuoi occhi .
Giochi d’ ombra veleggiano sul tuo corpo
mentre un fievoli sospiro
attanaglia le tue rosse labbra traditrice ,
ti osservi e ti rifletti senza pudore
in quello strano specchio opaco e
un sibilino pensiero si affaccia sul tuo viso ,
si ! tu ti rifletti in quello strano specchio ma
il riflesso della tua bellezza opaca ,
Caddi in ginocchio nascondendoti il viso
tra mani tremanti e fredde ,
hai capito che quello strano specchio
e’ la tua anima dannata per l’ eternità……
Ti sei spogliata in uno specchio opaco
tra i riflessi di ombre che non hanno
ne sentimenti e ne amori ,
ma hanno soltanto labili riflessi opachi
del tuo nudo corpo ignobile alla luce
di uno strano sentimento chiamato amore ……

carmelo ferrè ….18/01/2014