La pianura.
La neve scende e bagna la pianura
nelle rive dell’onorato pensiero,
dorme sognando gli avvenimenti ricorrenti,
il cielo è triste silenzio fra gli uomini.
Che amarezza,il vento
trascina con se i rami secchi
come è semplice la vita,
viaggiando ai confini del mondo.
Gli anni della mia giovinezza sono trascorsi
ad un tratto….Ma al sorger del sole
torri e castelli precipitarono
e noi seduti restammo inermi.
Da Ravello
Sul belvedere di villa Cimbrone
ove marmorea Cerere sorride
veniva dal blu della costiera
un subacqueo effluvio
e dai nostri visi fluiva
fino ai profili degli uberi pendii,
riaffondava poi tra chiazze glauche
e vitree di lillipuziane marine;
illese ricordanze di solitudini
svanivano sfollate da soffi lievi
fremiti armonici e assonanze
accordi di felicità s’alzavano
invaghivano avvinte mani
esultava la Musa della vita.
Passasti mia brezza breve
per l’arco di cielo che ci univa
vagammo per la fiorita corte
e tra curate cinte di aiuole;
ebbri di baci e di passione
ci stringemmo innamorati.
Serpeggia, nel vuoto ereditato,
tra reduci accenni di bagliori
oggi un migrato sciame
di silenti dolcezze andate:
batte acuto e forte ribatte
il desiderio di abbracciarti
nell’attardarsi del ricordo
accasciato sulle mie rughe.
Quale acqua da pozzo fondo
dopo cigolii di attriti
al cuore spuma di sogni risali:
alla luce irrori labbra invecchiate
rese solchi inariditi
da siccità di anni infecondi.
Bontà e saggezza- non amore!-
ti perdonano per l’abbandono
quando poi patito cessa
la tortura di un rammentare atroce
e bagnate ciglia si baciano
per stanchezza di ricordare.
Quale diverso peso cuore disfatto
nel ricomporsi e disfarsi di memorie
può avere un tutto e un nulla:
quante foglie su foglie son cadute
nel viale deserto delle illusioni!
La fine, ciao amico.
La fine, ciao amico.
La fine dell’inizio,
l’inizio di una nuova fine,
quando finirà ciò che
non dovrebbe essere
ma che è,
il nulla,
io non sono più,
ma son saggio non aspetto,
il deleterio rende audaci,
ma avvilisce,
ed è giusto che sia quel che sia,
ora non ho più rimpianti,
solo ricordi e ricordi,
la mente è frugale
ma è felice adesso,
saprà come passare il tempo,
giungerà alla fine come è giusto che sia,
silenziosa e serafica.
La Notte
La notte
Albeggia, che notte
mistica è stata,
giochi d’ombra
e silenzi pervicaci,
fruscii ed incanti
veloci e fuggenti,
brandelli di sogni rotti,
mi sento irresoluto.
Sento spifferi e brezze,
ma non hanno essenza
solo piccoli brividi
di un caldo arrogante,
ma io copro il mio affetto
con la forza del pensiero,
celo l’incertezza del buio
e della luce e della vita
e della morte.
Vivere il giusto,
arrogarsi il meritato,
temere il maligno,
amare l’equo,
sfoglio le carte del destino,
nulla solo ombre a colori
con due corpi,
forse son quelle del
credere o non credere
ma seguirò il cuore,
e solo una di esse
accompagnerà
il mio percorso.
Dolcezza infinita.
Amava la donna del fiume
dolcezza infinita!
Sulla strada scendeva la pioggia
forte e devastante.
La scuola solitaria e triste, la storia
si andava perdendo nel buio.Attorno
la voce stanca di una madre
il lento rumore dell’aratro.
Il mistero del vigneto
l’orrendo sapere del parroco
nel giallo dei fiori
si perdono i ragazzi.
Il tempo passa
si oscurava l’asfalto
nel giardino di casa
i giorni trascorrevano.