INCANTEVOLE NOTTE

Per immensi e profumati campi,

armoniose e sinuose note

diffondono

vergini e celestiali silenzi

sui vellutati declivi boschivi.

 

Da soffici e candide nuvole,

specchi di mille ruscelli,

stillano

fiocchi di chiara innocenza,

con soffusi e vaporosi brusii.

 

Alti e rigogliosi fusti,

testimoni di secoli andati,

stemperano

fini e delicate ombre

su un tappeto d’amabili foglie.

 

Intorno favolose atmosfere,

 fulminei e magici segni,

annunciano

l’invocata fata,

un tempo di favolose speranze.

 

Ora nuove e prolungate scie lunari,

nell’accennato crepuscolo,

svettano

rapidi e multiformi colori

per l’attesa visione.

 

In questa magica notte,

la fata del mio cuore

 giunge 

sulle ali del vento,

avvolta da nivei veli.

 

La bella e gentile fanciulla,

sul delicato fogliame,

 sparge

le auree polveri

di uno smaltato scrigno.

 

Insieme gli avvolgenti soffi,

nell’invitante notte,

 alzano

rossicci coriandoli

dalle rossastre foglie.

 

Finalmente la verginea fata,

con immenso fulgore,

accende

il sospirato desio,

in un sogno d’amore profondo.

 

30.11.2010 Ciro Sorrentino



LO STRANIERO .


SU LE SCIE DI POLVERE DI STELLE
SEI SCESO SU QUESTO MONDO
COME UN STRANIERO SENZA PASSATO ,
I TUOI OCCHI AZZURRI ILLUMINANO
I PASSI DI UN CALVARIO DI SANGUE ,
STRANIERO  TRA GENTE  STRANIERA
PORTI LA PAROLA DI UN DIO DIMENTICATO ,
INVOCHI LA PIETA’ PORGENDO
IL TUO CORPO AL CARNEFICE
MA NON TI PIEGHI  AL SUPLIZZIO ,
TENDI LE TUE BRACCIA PER ABBRACCIARE
IL MONDO CHE TI RESPINGE ,
E COME UNO STRANIERO SEI ESILIATO
NEL DESERTO DELLA TUA FRAGILITA’ UMANA ,
INVOCHI IL NOME DEL PADRE ,
SENZA GIUDICARE CHI TI VUOLE MORTO
DONI LA TUA ANIMA NEL PERDONO ,
NON ODIO , MA SOLO AMORE
PER UN GIORNO DI PACE ETERNO ,
I TUOI PASSI SI FANNO PESANTI
SOTTO IL PESO DEL PECCATO ,
CADI E TI RIALZI SENZA ODIO ,
GUARDI CON PIETA’ GLI ARTEFICI
DELLE TUE SOFFERENZE E PERDONI LORO
QUELLO CHE NON SANNO COSA STANNO PER FARE ,
L’ ARIA FREDDA TI SFERZA IL VISO
E DALL’ ALTO DEL TUO PATIBOLO
GUARDI GENTE STRANIERA CHE URLANO
E IMPRECANO AL TUO DIO ,
L’ULTIMO RESPIRO SI SPEGNE
SU’ UNA CROCE DI LEGNO ,
SU LE SCIE DI SANGUE SEI SALITO
NEL CIELO COME UNO STRANIERO
CON UN  REGNO FATTO SOLO
DA UNA CROCE DI LEGNO .  .
       CARMELO  FERRE’ ………29/11/2010



DIVINAZIONI

Nella soffice brezza,

l’eco di una dolcissima voce

sospinge

il prodigioso sogno

tra limpidi ed aperti orizzonti,

rischiarando

l’essenza dell’immaginazione,

la speranza rifiutata dal tempo.

 

Indulgenti e magici accenni,

con avvolgente mistero,

rivelando

fatati sussurri,

quasi predizione d’amore,

annunciano

un ritorno sereno e gioioso,

suggestivi quadri di vita.

 

Nel rischiarato buio,

come gradito presente

percependo

l’inaspettata visione

della straordinaria fata,

scopro

una fantasmagorica realtà,

magnificata dalla sua persona.

 

L’incanto di un candido bacio,

nota e riposta promessa,

rinnova,

sul soffice prato,

l’alba di un aureo sogno,

sublimando

i sovrumani emblemi

nella nostra promessa d’amore.

 

29.11.2010 Ciro Sorrentino 



ESAGITATA APPRENSIONE

 Come inquieto spettro,

la noiosa ed opprimente assenza

suscita

un risoluto dissidio,

nella confusa e indolente realtà.

 

Ingannevoli ed anonime forme,

tra dubbiose e aride attese,

espandono

nuovi e smisurati impedimenti,

quasi indeterminati e aridi segni.

 

Davvero l’insidiosa e fiacca apatia,

perduto confine del reale,

diviene

arcana incomunicabilità,

spietato e ambiguo presente.

 

Ormai l’opprimente sconforto

indistinta e accresciuta ombra,

consuma

dubbie e fiacche immagini,

nel misero sfinimento.

 

Anche l’inutile memoria,

nell’intricato presente,

incespica

come tedioso riflesso

di perduti e lacerati pensieri.

 

28.11.2010 Ciro Sorrentino 



Il fiocco rosa

Sopra un tappeto di robinie
a  piedi scalzi ami danzare
sulle note di un dolente fado
ombra inquieta della notte.
“Non vi fu per te forse giustizia?
Ma qual senso ha che adesso,
venga a turbare il sonno mio?”
“Vorrei tu mi narrassi”, chiesi.
E tu mi raccontasti affranta:
“Così come mi vedi io ero,
quel giorno che più funesto
mai esser potrà d’un altro;
quando il mio ventre tondo
mascherar oltre non potei
e l’uomo che sposai lo scorse”.
“Sposa per vil danaro, io fui,
sol questo gli riuscì d’amare.
Ma il cuore mio sposato era,
al giovin che al nome tuo voltava
e pur di te vaga sembianza aveva.
Così, quando trascurata presto fui,
in amore e ardore cercai ristoro,
tornando di nascosto da Marcello”.
“E cosa accadde poi? Narrami ancora!”
“Non volli mai svelare il dolce nome
al bruto che percosse il ventre mio,
ne’ le sevizie poteron oltre servire
e quando fui lasciata abbandonata
di notte partorì senza un lamento”.
“Dall’utero fluiva la mia vita,
la vita mia vagì, posata in terra.
Con l’ultime mie forze a me la strinsi
la tenera creatura derelitta”.
“Così spirammo insieme mamma e figlia”.
“Ben triste è la tua storia, anima pura,
che i giorni a me serbati serberanno
nell’anima, nel cuore e nella mente”.
“Ma cosa posso far per te, cedimi affanni!”
“Marcello mai non seppe del mio fato
così pensò l’avessi alfin scordato.
A te narrando la mia sì triste storia,
mi pare come se a lui racconto ora,
chè d’animo puro e gentil siete parenti”.
Ristetti per un poco a meditare poi,
con al petto un gran tumulto,
piangendo, a stento le risposi:
“Oh povera creatura mal difesa,
se sol potessi io darti conforto!”
“Una parola sola con il cuore, una sola,
mi sento di poterti dire ora: Amore!”.
Disfatto all’improvviso crollai sul letto,
dormendomi d’un sonno calmo e lieto.
Il dì seguente che al sole aprì la vista,
accanto al mio cuscino v’era un dono:
sopra un velluto bianco, un fiocco rosa.



Il pescatore e l’Autunno

Sabbia sarchiata dal tramaglio
messi raccolte sempre più scarne;
rabbia nel cuore: inizia il travaglio!

Pescatore che bestemmia e sputa
a voce troppo bassa perché Dio senta;
peccatore scaltro: la luna spunta!

Barca arranca fin sulla cresta
poi scivola veloce nel cavo d’onda;
parca  si risparmia: che notte cresca!

Sorta ancor non è neppure l’alba
che rete ha issato sul logoro assito;
sporta magra: un polpo e un’alga!

Riporti le stanche ossa ora in porto
cigola sotto i piedi il legno marcio;
riparti verso casa: il polpo è morto!

Desta ti attende moglie, dorme tua figlia
asciuga il pianto al vento, fingi sorriso;
testa protesa a Borea: vola una foglia!