La falsa verità

 

Raccontarmi, vago sortilegio

del sapere e non capire,

occhi sprangati nel comprendere

e mani tremule incapaci di esser ferme

mentre brancolo nel buio.

 

Sii coerente tenebroso mistero,

racconta, non mentire,

le stagioni son vere

e si susseguono,

tu non fingere sento il caldo

poi il fresco

e poi ancora il gelo

e ancora  la tiepida primavera,

non mi ingannare tieni con te la vita,

ma lascia che la morte sia convinta

del giusto suo esistere.

 

                                                       Raffaele Feola



Alessia

Alessia

 

Stravolgi sintomi dell’apocalisse,

mai fosti colei che ebbe amore,

svanisti nei torbidi anfranti

di un’esistenza mai vissuta,

 

sapore e olezzo si fondono

eludendo le tristi regole

di una esistenza risibile

cosparsa di tutto e niente,

io non soffro, rido affranto,

 

ciò che deve essere sarà,

e mai, ne son certo

sarò il boia di vite svanite,

i ricordi saranno

il prezzo dell’irrisorio  e 

dell’ incontrovertibile,

 

io ho dato, tu togliesti,

forse Colui  conosce e sa, 

ma io non comprendo,

so solo amare e donare,

chiedere gioia e soffrire,

 

vivo con false verità mio buon Dio,

saprò esser degno

del tempo che

Tu perdesti nel darmi la vita?

 

  Raffaele Feola



La nera rosa… rossa

 

La nera rosa… rossa

 

Semino fiori in ogni dove,

e un’ eufonia irrefrenabile e dolce,

sfugge nel delirio di un’aria

mite e incantata,

e i ricordi come acini

di un grande grappolo

sfilano veloci ed irrequieti,

come posseduti da una grande mano

giungono nella

vorace bocca degli antichi pensieri.

 

Abbraccio con enfasi un’antica foto

su di essa una immagine,

e una lacrima maldestra e dolorosa

irrita col suo passaggio l’arida guancia,

i fiori appassiscono e le lacrime

divengono infinite,

il cuore furibondo saltella

con l’estasi di un oggetto

incosciente e irruento,

la pioggia è scura e incontenibile.

 

Va via mia rosa rossa tu non sei eloquente,

tu sei ora il ricordo mesto

posto su qualcosa che non è più,

non sei l’amore,

sei il dolore, non la gratifica,

sei su una esistenza divenuta

silenziosa e morta.

                                                                  

                                                         Raffaele Feola

 



I riflessi dell’anima

 

Semi e germogli

vita e vita,

mai fu cosa che ebbe ad esser così

fuoco e paglia,

amor sopiti e mai tristi

fiori e colori,

sole e brio, non pensar,

non indugiare

vivi ed urla, ciò è vita,

non lesinar ella ti assorbe

vive di te e dei dolor che percuote

animo e corpo.

 

Non andar oltre,

l’incognito non angustia,

uccide,

e i resti son preda di follie e pazzie,

ti prego non esser a

digiuno di carezze e gioie egli può esser

specchio di morte e null’altro.



Fine di un tormento

Fine di un tormento

 

Gesto di grande affezione

quello di svanir nel nulla,

esaltanti e scintillanti

gli attimi  cosparsi

di un grigio, di un nero,

di un bizzarro sapore amaro.

 

Triste è un rimpianto,

è la  vera grande ferita

di un amore bieco,

esso tuttavia pone fine

ad un eterno dolore

ed ai tanti perchè.

 

Che garbuglio gioia mia,

che faccio,

affronto il gelo ignudo

o indosso la pellicia per

tener lontano

il cocente sole,

io posso solo

disporre del mio corpo,

l’anima non m’appartiene,

la tua calda passione è

avvolgente ma

non è per me,

son rassegnato alla 

perpetua disaffezione

e mai  sarò il vincintore

di un contesa

con un destino

indolente e schernevole.

 

Il fiore rifiuta

l’impollinazione,

i fiumi arsi rinneggano

l’acqua delle piogge,

il mare si  trastulla

con sfrenato accanimento

sugli impassibili scogli,

e la morte prosegue con

la sua  lercia smorfia

la sua indifferene e

disinvolta raccolta di anime.

 

Non ambire al mio affetto,

il nero dell’afflizione

colpisce gli amanti non chi

non conosce le emozione

del diletto e ambiguo

sentimento della passione.



Il richiamo.

Sono qui vicino a te mentre riposi
l’ultimo malinconico desiderio,
con il cielo mite di un giorno riflessivo
su un infinito oceano di desideri.
 
Come era pallido mite e gradevole
il forte richiamo dell’ira.