È COSÌ, AMORE!

Ah, amore mio,

accendesti un fuoco

nel cielo che brillò

della tua luce

per baciare la terra

che nutre le mie radici.

 

È così, amore!

Tu, mia stella,

portasti la fiamma

al ramo che cercava

stille e polveri

d’inviolata dolcezza.

 

Da allora vivo

provando il fremito

che mi fa guizzare

per sentirti

nell’umida aria

e unirmi al tuo cuore.

 

Così al soffice

vibrare d’ali,

nel canto d’usignolo

tremolano le luci

che si rincorrono

 in inviolabile cerchio.

 

In tale mistero

di rara purezza

noi due udiamo

 il richiamo

che ci guida

mano nella mano.

 

È così, amore!

Siamo il fuoco

che riscatta

liberando l’amore

dal grigio alveo

di un falso specchio.

 

13.08.2013 Ciro Sorrentino



CHE TU SEI …..

Le foglie tremolanti e leggere
cadono senza fare rumore
sulla nuda e umida strada  ,
alcune di esse svolazzano oltre
il muro ricoperto da secchi rami di rovi ,
i miei pensieri sono come quelle foglie 
che tristemente cadono senza più 
ragione d’ esistere o di volare ,
non c’ è più nulla da decidere e
m’ illudo di riuscire a guardare oltre
i giorni della mia coscienza delusa ,
mi illudo che tu sei qualcosa di me ,
che tu sei ……
Ora anche la tua voce è lontana come
è gelido e distaccato il mio respiro
nel freddo e gelido silenzio che opprima
questo esile corpo senza abbracci ,
ancora uno sbaglio nella illusione
della tua evanescente figura ,
ancora uno sbaglio per non voler sentire
la fievole voce del mio disperato cuore,
a voler guardare quella foto di noi due
e m ‘ illudo ancora che tu sei qualcosa di me ,
che tu sei ……
Il dolore per me esiste e non va via ,
non so se tu ricordi ancora il mio sorriso ,
i miei baci , le carezze e gli abbracci
per me sono rimasti nella tua vita
perchè io ero la tua vita , 
non so se tu hai dimenticato
ma a me sembra di sì ,
mi hai sempre ripetuto di guardare 
al presente del nostro amore 
e io vivevo nelle tue frasi 
con questa consapevolezza 
di essere una rosa senza spine ,
oggi le uniche lacrime ancora nascoste 
rigano il mio volto e dirlo mi fa male 
come il freddo silenzio che mi parla di te ,
perchè sei così , perchè ? . 
E ancora perchè non sei con me ………..
    carmelo  ferrè ……12/08/2013 



SU UNA DIMENTICATA COLLINA

Mio dolce amore,

quando il sole

morirà per sempre

sul mio corpo stanco,

adagia una rosa

su quel misero sepolcro.

 

Adagia la tua rosa,

amore mio,

perché la mia anima

possa sciogliersi

in un bagliore

che suonerà d’immenso.

 

In quel giorno, amore,

nell’istante stesso

che vedrai la lapide

occhi d’oscura gente

ti guarderanno

per capire chi onori.

 

I più accorti esiteranno

sorprendendosi

alla pioggia di lacrime

che fluirà calda

su quel gelido marmo

nascosto al mondo.

 

Molti leggeranno stupiti

l’epigrafe di chi

 cantò l’amore

e che disfatto vagò

nel labirinto della vita,

cercando la via di Cariano.

 

“Un poeta”, mormoreranno,

stupiti dall’onore

destinato al sepolcro

che ospiterà

il mio sonno obliato

su una dimenticata collina.

 

E lì, estraneo a tutti,

dormirò finché

l’alba eterna

vedrà le nostre mani

stringersi per varcare

le accese soglie dell’infinito.

 

12.08.2013 Ciro Sorrentino



IN QUESTA VELENOSA TELA DI RAGNO

Il mio mondo è un quadro di vuoti ricordi

un mucchio di tremule forme e vite mai germogliate

che fluttuano come metallica trasparenza.

 

Nello spento braciere affondo le mani cercando

una memoria di carbone ancora vivo

che possa riscaldare la mia triste e nuda anima.

 

L’infinito arazzo della vita è per il mio cuore

il filo spinato di un invalicabile passo

che mi imprigiona in un terribile limbo di larve.

 

Ah, quanti spettri sconosciuti mi ostacolano

con la loro rigida e gelida trasparenza

che trapasso senza altro sentire che il freddo.

 

Anche la speranza si arena su questa riva

dove le memorie non hanno segreti d’ore

né inquieti o fiduciosi istanti di moto da rivelare.

 

Non c’è piccone che scuota l’arazzo di spine

nemmeno la più affilata lama potrebbe

aprire un varco in questa velenosa tela di ragno.

 

I suoi fili sono spessi e asfissiano i sogni

che ansimano dissolvendosi in una terribile agonia

che non dà modo di sfuggire all’orrido nulla.

 

Non sento l’aria né schizzi d’acqua

che possano svegliarmi dall’immonda realtà

che stringe l’acqua in gola e il respiro nel petto.

 

Ah, oscena vita, tu sei la gabbia

che vieta il moto del cuore macchiandone di nero

il sangue che pulsa in un invisibile corpo.

 

12.08.2013 Ciro Sorrentino



La Divisa

Sono fiero e gagliardo,

quasi altezzoso,

mi guardo nello specchio,

di fronte, di profilo poi

abbasso la visiera del mio cappello,

 

e stringo gli occhi quasi a render feroce

uno sguardo che mai avrò,

 

faccio paura,

il volto distorto si procaccia strane

e inquietanti espressioni.

 

Che dire del naso

con le sue nari dilatate

quasi a rassomigliare

a qualche eroico e strano personaggio

di qualche buffo fumetto,

sono proprio bello.

 

Aggancio il mio cordone attorno alla spalla,

e’ di due colori ed ognuno

rappresenta una gloriosa

campagna bellica

certamente del passato,

ma sempre attuale.

 

Sono quasi pronto,

gli ultimi bottoni si chiudono attorno al mio collo

quasi a suggellare

con rispetto l’arrivo della mia cravatta,

certo smaniosa, ma importante.

 

Ebbene gli ultimi controlli,

scarpe lucide e calze rigorosamente nere,

i pantaloni la cui riga è spaventosamente retta,

la giacca con le sue spalline dorate,

cosparsa di ricchi e fluorescenti bottoni,

la camicia stirata e impeccabile.

 

Si, non dimentico nulla, infilo i bianchi guanti

e parto per la mia mission  impossible.

  

Raggiungo la mia postazione e con appariscente orgoglio

mi posiziono sul luogo che mi fu assegnato

all’inizio della mia galvanizzante carriera.

 

Dio aiutami tu, fa che io trovi degne persone,

che sappiano apprezzare il mio grado e siano generose,

noi portieri d’albergo esterni siamo spesso

incompresi e mal ricambiati,

le mance scarse rendono infausto l’orgoglio

 di vestire una uniforme di alto lignaggio

e ne abbatte la voluttuosa immagine.

 

 

 

 

 

 



PERDUTO AI ROSEI VENTI

In questa triste notte

vanamente cerco

la mia ombra

e come morente luna

guardo il cielo

che copre di nero

l’eterno spazio infinito.

 

Soggiogate lucciole

nell’ultimo alone

una ad una cadono

come piccoli lampi

che squarciano

il mantello dei sogni

in cui riposano le foglie.

 

Non è nuovo il luogo

né il tempo è diverso

per il mio spirito

che in questo vuoto

cerca le radici

del misero albero

perduto ai rosei venti.

 

Si spengono i lumi

sulla vaga scena

e avanzo solo

fissando i campi

senza poter mietere

l’aureo grano

dai sentieri della vita.

 

Per chi rimane fermo

oltre i cigli del cielo

non ci sono stanze

né altre cupole

che riparino i letti

dove poter riposare

immaginando l’amore.

 

11.08.2013 Ciro Sorrentino