luglio 6, 2012 - Inserito Da giuseppe gianpaolo casarini - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie D'Amore
Mughettose, festanti e ridenti le sponde del Ticino,
querce secolari e castagni d’odorosi boschi:
mazzolini fioriti e cesti di porcini dal profumo intenso
a Milano offriva un tempo Modestino
a Porta Ticinese e Lodovica e in Piazza Duomo:
una vita semplice, frugale e priva di pretese.
Un tempo l’azzurr’onda sfiorava con fruscio i bianchi
sassi e arsi, cotti dal sole Giovanni e i suoi fratelli
lunghi forconi agitavan svelti nell’acqua dai barcè
e i levigati ciottoli, frammenti di grezzi massi
nel fiume a monte rotolati e poi rotti e spezzati
da salti e lavorio dell’acque e trascinati
per tempi e per stagioni sconosciute,
l’affannosa e sobbalzante corsa qui finivan
fermati, imprigionati da rebbi rugginosi;
poi da fatica aggiunta e a forza aggiunti
a guisa di bianchi su un ampio slargo monticelli
portati infine in fornaci ardenti e vetrerie
davano pane a Giovanni e ai sassaioli
tramite forma e vita di familiari oggetti:
vita dura e faticosa con dignità vissuta.
Soli nel lavoro e nella vita al Goss e Margarota,
“salvadag” li chiamavano certuni:
era poi falso ma si sa la cattiveria
era ed è allora come oggi assai presente
che, per il dimesso aspetto e i poveri vestiti
miseri stracci più volte rattoppati,
si diceva e si credeva avessero malie
strane e odiassero sia i grandi che i piccini,
per questi allora non vi era peggior babau :
meglio evitarli non incontrarli in strada.
Così costretti da questa diceria odiosa
a percorrer solitari solitarie vie la vita tutta
giorno per giorno fuor che nell’Inverno
dall’alba fino a sera tarda e senza sosta
curvi e piegati lungo i cigli di rami
secondari del Ticino tagliavan di netto
con l’acqua sino alle ginocchia, ah povere ossa,
teneri giunchi e ne facevan solide fascine.
Io bambino “milanese” , ospite dei nonni a Motta
e non del tutto ignaro di tale cattiva maldicenza,
questa devo rigettare e dire forte: “Care figure addio,
agrodolce ricordo della fanciullezza!”
Volle il caso che per caso li incrociai,
cigolava la carriola colma di fascine,
forti gli attriti della sgangherata ruota,
solo, tremante, impaurito ed alla fuga pronto
fui fermato non da callose e ruvide mani
né da sdentate e paurose bocche
ma da due ciau e da larghi sorrisi
accompagnati da gesti in forma di saluto:
non membra d’orchi ma di persone umane!
Vita misera e piena di tristezze se non dolore:
per poche lire un certo Giovanö prendeva le fascine!
Mani esperte rapide le sue e veloci ed ecco cesti,
cestini, fiaschi impagliati e damigiane
di vesti intrecciate rivestite e belle,
centri, centrini, sporte e sottovasi:
parte all’industria, parte alle osterie,
il resto infine lo vendeva Ghita la moglie
col suo banchetto di sabato al mercato.
Di tutti forse la miglior ma pur sempre vita grama!
Motta Visconti ……………
luglio 5, 2012 - Inserito Da Ciro Sorrentino - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie D'Autore • poesie personali • Poesie sulla Vita • Poesie Tristi • Poesie Varie
Osservo, percepisco, cerco
disperatamente scruto
fisso l’orizzonte.
Scopro il dolore del mondo
nella sabbia che frana
sotto il mio peso.
Trema la marea
che dall’alba al tramonto
scorre sulle orme del tempo.
Sussultano le vergini acque
tra le sinistre pieghe
dei labirintici cerchi.
Nasco adesso
in questa fluttuante realtà
e cerco…
Trovo l’oscurità
che affonda la sua lama
trapassando con terribile odio.
Dolore e spavento
la povera coscienza
è graffiata dal presente.
Il tempo brucia e confonde la vita.
Inflessibili e raggiranti catene
segnano pena e sconcerto
nel labirintico inganno.
Sono solo…
solo sulla voragine del nulla
senza la libertà d’un sogno felice.
05.07.2012 Ciro Sorrentino
luglio 5, 2012 - Inserito Da giuseppe gianpaolo casarini - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie D'Amore
Milän via Padua sul canton dla via Arquà
quarantann fa, forsi dapü l’ääv una sir d’Astääv:
fäävv cold e savi bon no ‘d durmì,
darvì la fnäster l’ääv poeu pegg
non tant par i vúss che gnãvän sü
dal bass ad lustarì, ma pr’i sansosoer
che sinfiravän denn a munton che
ta mordavän dapartutt brasc ciapp
coll e garonn parfinn sutt i culsett,
e innür me gnüvv in ment di oltär sir
sir da tant ann fà cant savi un fioeu
a la Mott, sir cold d’Agúst, la lüna piena,
e i sansosoer anca lì a fala da padron
cui lüsirö dalà dal foss dal Pin di Russ,
e par la curt giränn i du cän ad la
me nona e inveci dormen i gain
in dal puleè e là tac a la stall ta senta
al vers ad l’oc e cääl di pavarin,
luntän al par al brusegg di vacc
anca se in propi lì a dü pass da ti.
Sultant su l’aar al scür dla sir
e l’ari tutt inturän in rutt da vùss
e da canson: cantään i donn su l’aar
intant ch’in a dreè a dasfrascää al margon
“Oh campagnola bella e peou la Banda
d’Affori ed i prüvärbi dal Giuaninn
rampega e delle Tre Melarance
cünt chall turlulü final “ lü chall
sa cradäävv un grand grand dasù
al se fai mätt un rusc in dal cù”
Pien i scorb ed pien i scurbinn
infin dal margon dasfraccaavv
al segn dla Cruss ed un patär
e nal silensi dla nocc tucc a caa.
Anca lì a Milän lääv ruavv la nocc
sa sentääv parlaa uramai pü insün
silensi e peou silensi e me gnüvv
un po al magon par chäst me
turnà al me turnà indrè in dal temp.
…………………………………………………..
Milano via Padova angolo via Arquà
Più di quarant’anni fa, forse di più:
era una sera afosa non potevo dormire
aprire le finestre peggio ancora
non tanto per le voci portate dal basso
e dall’osteria ma per le zanzare
che dentro a frotte ecco punture
dappertutto braccia chiappe
collo gambe perfino al di sotto dei calzini,
ed ecco un ricordo di quand’ero
bambino a Motta molt’anni addietro:
calde sere d’Agosto, la luna piena
anche allora le zanzare a farla da padrone
con le lucciole aldilà del fosso
di Peppino dei Rossi e per la corte
la Lila e la Dora della nonna Nina
le due cagnoline in giro, dormono le galline
nel pollaio e alla stalla vicino
senti il verso dell’oca e dei suoi paperini
sembra lontano il muggito delle mucche
anche se stanno proprio li vicino, a due passi.
Soltanto su l’aia lo scuro della sera
e l’aria tutt’attorno sono dolcemente
rotti da voci e da canzoni: cantano
le donne e levan le brattee frasche al granoturco
“ Oh campagnola bella e poi la Banda
d’Affori” e poi e la volta dei proverbi
e delle fiabe Giovanni Arrampichino
e la storia delle Tre Melarance
con il suo finale un po’ burlesco
“ si credeva chissà chi un gran signore
ed è finito con di una castagna il riccio
nel sedere”. Ormai di pannocchie
ripieni ceste e poi cestini; della Croce
il segno e una preghiera, poi tutti a casa,
tutti a casa ed in silenzio, anche lì
silenzio non vi era più nessuno
e nel silenzio nel ricordo di quel
tempo andato sono stato preso
fortemente dalla commozione.
luglio 4, 2012 - Inserito Da Ciro Sorrentino - 0 Commenti
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Per tanta impervia ed empia distanza
la Mia anima trema,
e inseguo il Tuo azzurro,
fuggendo la fame dei vani abbracci.
Certo un giorno la Tua essenza di luce,
riparo ai miei sogni disperati,
mi guiderà alla Tua terra
oltre la via ingombra di pietre taglienti.
Allora i nodosi rami si scioglieranno
nella purezza della Tua voce,
e Tu, mia adorata Fata,
mi avvolgerai nelle Tue fiammanti ali.
Finalmente il Tuo lago nutrirà il bacio
delle Nostre evanescenti labbra
e sotto il cielo festoso
si fonderanno, Eterni, il Tuo e il mio Amore.
04.07.2012 Ciro Sorrentino
luglio 4, 2012 - Inserito Da Maria Rosa Cugudda - 0 Commenti
Post Categoria: Poesie Tristi
Dio,
chiara
immensità
fra le innevate cime
immersa,
il mio Spirito
si va interrogando
su questa
effimera esistenza
che resta per l’Anima?
luglio 4, 2012 - Inserito Da giuseppe gianpaolo casarini - 1 Commento
Post Categoria: Poesie D'Amore
Lì ancora sono le due vecchie chiese
Sant’Anna e San Rocchino come un tempo
che austere fan di guardia all’ingresso del paese
sentinelle ferme fisse poco mutate al vento
degli eventi che nel tempo tanto hanno cambiato
di questo mio borgo amico il caro volto
mutate quelle immagini andate di un passato
dissolto solo alla vista tolto ma ravvolto
ancora nei ricordi miei che odorare fanno
quei profumi intensi della prima giovinezza
e a riveder risentir con forza nuova danno
luoghi persi persone amate vite del bosco
i canti degli uccelli a quell’ansa del Ticino
i cinguetti distinti i gorgheggi che conosco
che oggi dalla persa costa frantumata da lì
non potresti più sentire ma che ora come d’incanto
prati luoghi le smarrite voci sono ancora qui
della lodola lo struggente pianto del ravarino il lieto canto
si liquefa l’asfalto spariscono i blocchi di cemento
tutto alla mente ritorna si presenta rinverdisce
ancor le campagne amate dai filari dritti al vento
il ciliegio con le rosse brocche il pesco rifiorisce
macchie di grappoli tanti dai colori accesi
una tavolozza nel tempo ridipinta come prima
ricordi andati pensati alla vision di nuovo resi
scorre così l’acqua di un tempo eccola ancora
limpida pura fresca delle rogge di quel fosso sito
d’incontro di giochi e di bucato ricordo allora
quando le donne le fanciulle alle vesti al panno
cantando filastrocche ridavano freschezza
cenere grigia con fior di saponaria il ranno
stesi poi ultimo atto da frasche verdi donata la carezza
loro complice il profumo malandrino di quei fiori
di sambuco quelle gore dove i ragazzi tra grida e lazzi
in tuffi arditi davano sfidando talvolta i loro cuori
ardite prove di coraggio che in risa terminavano da pazzi
dove io solitario a queste amiche acque portati poi col vento
chissà dove affidavo giovinetto i miei pensieri oggi nuovi
ben diversi e qui annegati in grigi freddi blocchi di cemento.