Le mie stelle.

Le mie stelle.

Irto il sentiero che conduce su quella cima,
intrecci di rampicanti avvinghiate a steli
di gialli avanzi di una vegetazione rigogliosa
ora morente dopo la carezza di una mano perfida,
cosparsa di una madida e arrogante secrezione.

Non posso fuggire se l’ordire di un muto affanno
mi giunge ancor prima di muovere
le mie stanche membra,
e come posso dipanare i nodi
di quell’intricata selva se non ne conosco l’inizio.

Ora mi giunge solo l’angustiante oppressione
di una fretta talvolta attraente e poi distaccata,
no non fuggo, aspetto il buio e il giungere
delle stelle e delle loro fulgidi luci,
e la grande stella polare mi designerà il tragitto perso
in un mondo arido che non mi vuole più.

Raffaele Feola.



LA VOCE. ( LA COSCIENZA .)

Il sentiero di terra nera
rallenta i miei passi
che insicuri cercano
cespugli d’ erba ,
ho scarpe consumate
e piedi stanchi
ove si perdono le tracce
di ogni mio rimpianto ,
ma la voce che risuona in me
mi parla di un tempo che fu
vissuto nella notte dei tempi ,
sprechi di gioventù e
sogni senza ideali
dove l’ insolito di un blu
si mischiava al rosso
di un intenso tramonto
senza lacrime .
L ‘ alba s ’ affaccia al giorno
che si leva e trattiene
un tempo che non mi appartiene ,
la voce continua la sua cantilena
tra flutti di una marea sospesa
che non ha più presente di esistere
dove l’ immagine di me stesso
sorregge e abbraccia inconsapevole
pensieri della mia vana esistenza ,
alzo lo sguardo al cielo
e prego un DIO che non ho mai avuto
e nell ’ impasto di strane emozioni
il delirio della mia anima
si nasconde nel movimento del tempo .
Mi abbandono a un silenzio
che rapisce la voce che è in me ,
come una cantilena senza suoni
la voce nuda
si snoda nella mia gola ,
implacabile reclama i peccati
che restano sospesi
sulle lenzuola della mia pelle ,
come aghi di sete invisibili
mille mani reclamano
con avidità le mancate parole
che dalle mie labbra illanguidite
bravavano solo sesso e
mentre la voce reclama se stessa
la mia mente confessa
gli addii senza perdono .
Il sentiero intreccia i miei passi
che cercano inutilmente un ciuffo d ‘ erba ,
senza pietà la voce in me
riprende la sua cantilena aspra e dura
mi riporta ai cieli di novembre
dove foglie secche e gelide
mi facevano compagnia nutrendo la mia anima
che cancellava l’ ombra della mia coscienza
circonfuso dall’ odio di un bacio freddo ,
metaforica e cruenta la voce
si sazia per l’ ultima volta la mia coscienza
nutrendosi delle ore senza tempo ,
disteso nel vuoto i passi si fermano
e nel subbuglio della mia esistenza
la voce tace nel mio ultimo respiro .
carmine16…..24/08/2015



FORSE SEI UN SOGNO

Sento il tuo giorno

nella notte

che assedia

l’essenza d’aurora

e le spume dell’oceano.

 

La tua tempesta

di bianche piume

irrompe

sulle pianure

nate dalle nere arcate.

 

Sento la tua purezza

nell’onda di sale

che rompe

l’immoto silenzio

e ogni nuova finzione.

 

A te volgo il calice,

perché ogni stilla

s’unisca

alla dolce linfa

del vermiglio bocciolo.

 

23.08.2015 Cinzia de Rosis



FOGLIE E NIDI

Sulle desolate spiagge

raccogliesti

l’affranta sirena,

persa nella furia dei venti.

 

La tua voce mi spinse

oltre i confini

degli spazi oscuri,

che suonano d’azzurro grano.

 

Così giunsi alla tua selva

di foglie e nidi,

agli argentei fianchi

di sconosciuta montagna.

 

23.08.2015 Cinzia de Rosis



I TUOI ETERNI GERMOGLI dalla raccolta “A Sylvia Plath”

La primavera è nel tuo sorriso

il sole, figlio dei tuoi occhi,

adempie il suo fine

nutrendosi del tuo fuoco

quando soffi la vita

sui ceppi che aspettano il vento.

 

Tu sei l’ape imbiancata di polline,

il volto dell’amore che scruta

cercando i grani più veri

quelli nascosti dalle ceneri

che sterili alberi mai nati

lasciano in un letto di morte foglie.

 

Adorabili i tuoi eterni germogli,

crescono nella mia anima

obliata da folli trame

che nelle pesanti catene

avvolgono il cuore e la mente

lungo gli ignoti sentieri del tempo.

 

 22.08.2015 Ciro Sorrentino

 



L’ultimo sguardo

Ho sperato che le tue radici

volessero le mie acque,

profonde,

perdute negli abissi

di questo strano vuoto

che ancora chiamiamo realtà.

 

Ho sperato che le tue mani

s’unissero alle mie,

che i tuoi steli,

delicatamente,

dessero un respiro

alle mie brucianti chimere.

 

Vanamente ho sperato,

le tue cattedrali

sono lontane,

su altri orizzonti,

le tue vele sono staccate

dall’albero chino sulla mia prua.

 

Ricorda, amabile cavaliere,

un sogno non muore,

il tuo sguardo,

il primo,

sorgerà sempre fiero

nel cielo delle aurore infinite.

 

Torno al mio passo lento,

nel silenzioso vuoto

porterò il sorriso

e il fuoco sovrano,

la tua azzurra fiamma

che mai accenderà la mia terra.

 

22/08/2015 Cinzia de Rosis