FARFALLA ATTERRITA

Forse sulla tua terra

rare iridescenze

muovono i rami aperti

d’un salice in tremula attesa.

 

Franano mentre stillano

dalle ignote acque

i sogni piegati

da un impetuoso vortice.

 

Ma sulla dolce isola

giungerà mai

la nave inondata

da tanto agitato sonno?

 

Sotto le nobili fronde

cerca riparo

la farfalla atterrita

dagli atroci e fragorosi venti.

 

Tristemente perso

nel soffocante fluttuare

d’ogni trasparenza

si va spegnendo l’ultimo sorriso.

 

08.11.2012 Ciro Sorrentino



IL SOGNO .

CAMMINI  DOLCEMENTE  SU  PETALI  DI  NUVOLE  DORATE
GIOCANDO  A  NASCONDINO  CON  GLI  ANGELI ,
SILENZIOSE  E  STUPENDE  SENSAZIONI  DOLCISSIME
RAPISCONO  IL  TUO  PICCOLO  CUORE  DI  BAMBINA ,
IN  UN  RAGGIO  DI  SOLE  TI  SPECCHI  SORRIDENDO
AD  UN  NUOVO  ABBRACCIO  FATTO  DI  COCCOLE  E  BACI .
IL  RESPIRO  LIEVE  E  SERENO  SPAZZA  VIA  DAL   CUORE 
LA  SOLITUDINE  DEI  GIORNI  ANDATI  CHE  LASCIA 
NEI  TUOI PENSIERI  UN  DOLCE  RICORDO  DI  GIOVINEZZA ,
RIVEDI  IL  PRIMO  FIORE  D ‘  AMORE  COLMO 
DI  MILLE  PROMESSE  DI  FELICITA ‘  CHE  ORA
CON  INFINITA  DOLCEZZA  RIEMPIONO  LA  TUA  ANIMA .
LIEVEMENTE  SORRIDI  NEL  CALDO  TEPORE  SERENO  DEL  TUO  SONNO  ,
E  FRA  GIOCHI  E  SORRISI  RIVEDI  UNA  GIOVINE  MAMMA
CHE  CON  AMORE  E  DOLCEZZA  ACCAREZZA  E  STRINGE
AL  SENO  IL  FRUTTO  DEL  SUO  AMORE  .
TI  LIBRI  SOFFICE  E  LEGGERA   NEL  BIANCO  MANTELLO  DI  NEVE 
I  FIOCCHI  SI  INTRECCIANO  CON  I  TUOI  BIANCHI  CAPELLI
DI  SETA  D ‘  ORIENTE  CHE  BRILLANO  AL  COSPETTO  DELL ‘  UNIVERSO  ,
COME  PER  INCANTO  RIAPRI  PIANO  PIANO  GLI  OCCHI
E  T ‘  ACCORGI  CHE  STAVI  SOGNANDO  LA  TUA  VITA ,
IL  SOGNO  INCANTATO  DELLA  TUA  ESISTENZA ,
SORRIDI  NEL  TUO  CUORE  PERCHE ‘  SAI  CHE 
QUESTO  SOGNO  NON  POTRA ‘  MAI  FINIRE
E  CHE  LO  RITROVERAI  QUANDO 
 UN  GIORNO
TI  RIADDORMENTERAI  PER  NON  SVEGLIARTI  MAI  PIU ‘
       carmelo  ferrè…..21/05/2012



UNA PIENA DI MUTA SAGGEZZA

Nella soffice valle

fiorita dai nostri desideri

purpuree emozioni

percorsero il giorno

e si versarono nelle acque

di un tiepido e nitido cielo.

 

Dolce incantesimo

di strani fremiti

una piena di muta saggezza

vibrò nelle onde

del rosso fiume

che cercò il suo mare.

 

Lentamente nascemmo

dalle tumultuose acque

che con placida forza

si fusero presto

in un continuo flusso

di solitaria e verginea bellezza.

 

Iridescenze lunari

diradarono la nebbia

e scorgemmo

la terra emersa

dalle maestose vette

della nostra primavera.

 

Così giungemmo a riva

nella conflagrazione

di verdi fiamme

impetuosamente sorte

dalla fiammeggiante vertigine

del nostro trasognato amore.

 

07.11.2012 Ciro Sorrentino



Piccola stilla

dall’occhio stanco

dolorante sgorghi

scivoli lentamente

piatta su di un tavolo,

t’assorbe

quasi il tempo che scorre

nulla sei per l’indifferenza

regnante,

una farfalla ti scorge

nel tuo lago si disseta

ti prende per mano

sul ramo ti conduce

dove il fiore nuova dimora

non rifiuta,

il canto della cicala ti culla

mentre nella polla

teneramente fai ritorno.



EVITARE…….

TI GUARDO, PASSO VELOCEMENTE,

E’ DA UN Pò CHE LO FACCIO-

MA TU SEI CALAMITA,

FOGLIO, PENNA, SCRIVERE

A VOLTE MI FA IMPAZZIRE.

MA TEMO DI RILEGGERE

PERCHE’ LA SOFFERENZA

E’ LA MIA SECONDA PELLE.

SEI ANNI, CI HO CREDUTO,

NON CHIEDEVO PER PAURA

DI PERDERTI, INUTILE.

L’ILLUSIONE UNICO APPIGLIO

PER LA MIA VITA.

MA ADESSO E’ DIVENTATA MIA PADRONA.

VIGLIACCA? SI’.

LASCIAMI,

VOGLIO URLARE,

SENTIRE  MALE,

MA RIUSCIRE DI NUOVO A PARALARE.

 

NADIA



Istanze e motivi poetici in “LA STAZIONE DELLA VITA” di Ciro Sorrentino

LA STAZIONE DELLA VITA

 

Infuria il tempo

e come turbine

 accelera

le lancette

schizzandole

verso l’istante

che dilaterà

le distanze

tra noi.

 

Presto saremo

al bivio

 dove il destino

solo per scherno

concede

l’ultimo pianto

nel freddo

che avvilisce

il cuore.

 

Indugiamo confusi

sulla grigia corsia

ma il treno

è arrivato

e cerco ancora

il dolce viso

per fissare

nell’ultima immagine

il tuo volto di fata.

 

Ora un fischio

scuote il silenzio

e ti avvii

mentre un fiume

di lacrime

ghiaccia 

parole di saluto

che già sanno

d’addio.

 

Sfioro appena

le tue mani

ma le porte

 si chiudono

è la fine

l’ultimo sguardo

 e la luce

 scompare

 nel tunnel.

 

Sopraggiunge

il mio treno

sulle fredde rotaie

che si diramano

come l’ampio delta

d’un fiume

che scioglie 

la sua acqua

nell’immenso oceano.

 

Ormai viaggiatore

senza meta

mi ritrovo

 nel buio vagone

e inizio a scrivere

per vivere

nei versi

che parleranno

di noi.

 

12.03.2011 CIRO SORRENTINO 

 

Il “nucleo fondante” di questa lirica, che è doloroso e sofferto canto, è dichiarato nello stesso titolo: LA STAZIONE DELLA VITA

 

Si avverte  subito un “malessere” di fondo, perché quella “stazione” è il capolinea che segna l’esistenza dell’individuo,
della persona che assiste impietrita all’aprirsi di spazi imperscrutabili ed inaccessibili.

 

Ritornando ai versi:

 

infuria il tempo e come turbine  accelera le lancette schizzandole verso l’istante che dilaterà le distanze tra noi”

 

è una situazione evocativa di una storia d’amore pregressa, sulla quale l’asimmetria della categorie dello spazio e del tempo si abbatte come un ciclone che recide ogni barriera per contrarre l’amore, facendolo prima implodere e successivamente centrifugare in una miriade di strade, quasi un labirintico e vorticoso disperdersi nelle zone più oscure ed inesplorate dell’universo.  D’altra parte, lo stesso orologio sembra contravvenire alle leggi della fisica marcando una indeterminatezza che accenna alle forme di una disarticolazione generalizzata e di una disarmonia senza riparo.

Tutto sembra perdersi in un vuoto sconfinato dove sembra assente ogni punto di riferimento per aderire a una qualche possibile speranza.

 

E subito dopo, perentorio come evento senza revoca, prorompe l’impeto angosciante dei successivo versi, lo svincolo fissato da un destino che nulla concede e che tutto irride:

 

presto saremo al bivio  dove il destino solo per scherno concede l’ultimo pianto nel freddo che avvilisce il cuore

 

Si avverte la pena dell’uomo disilluso da una realtà che gli mette davanti i binari per fugare e smantellare ogni sua probabilità di rimanere con l’amore della sua vita:

 

indugiamo confusi sulla grigia corsia ma il treno è arrivato e cerco ancora il dolce viso per fissare nell’ultima immagine il tuo volto di fata

 

E’ come se la vita, avanzando incanali all’orrido vero, che pietrifica ed irretisce l’essere:

 

“ora un fischio scuote il silenzio e ti avvii mentre un fiume di lacrime ghiaccia  parole di saluto che già sanno d’addio”

 

E se pur si avverte una breve apertura elegiaca sfioro appena le tue mani…”, rivolta a ricordare il tempo felice dei due innamorati, segue una irrevocabile torsione spaziale e temporale, un’esclusione dimensionale che precipita ogni fede  in un buio infinito:

sfioro appena le tue mani ma le porte  si chiudono è la fine l’ultimo sguardo e la luce scompare  nel tunnel

 

Al cadere della speranza, rimane solo una scelta al poeta quella di tuffarsi nel tempo che gli rimane, correndo contro un’alienante e squallida realtà, che si scopre come asfissiante, vago e indistinto domani:

 

sopraggiunge il mio treno sulle fredde rotaie che si diramano come l’ampio delta d’un fiume che scioglie la sua acqua nell’immenso oceano”

 

Quelli che seguono sono i versi più dolenti della lirica, quelli che dispongono l’uomo – poeta all’unica scelta possibile, al canto della sua amata fata contro l’inesorabile franare nel nulla:

 

ormai viaggiatore senza meta mi ritrovo  nel buio vagone e inizio a scrivere per vivere nei versi che parleranno

di noi

 

  04/11/2012 Dipartimento di Lettere e Filosofia, Prof. ATTILIO BELTRAMI