Torbida acqua.

Torbida acqua

Con gli occhi chiusi
e con un complice irreale
e silenzioso la mia mente vaga
fra mille e mille pensieri,
a volte sublimi a volte torbidi,
come l’acqua del ruscello
che in tempi remoti correa copiosa,
felice e tinta di blu,di tanto in tanto
lambiccando la sponda rubava un fiore
colorato e consenziente, quasi grato per
quell’inaspettato viaggio.

Ora le sue scarne acque scorrono
lente e grigie,
strani malinconici oggetti
colorati e dalle infinite forme
riempiono il suo percorso
irritando la sua purezza,
testimoni silenti dell’umana presenza.

Gorgoglii e piccoli vortici
spingono all’insù macchie gialle
e variopinte, e le interminabili bolle
dalle insane virtù adescano
gli ignari abitanti delle sue moribonde acque
rubandone la vita fra lente agonie e
tristi rassegnazioni.

Quanti ricordi e quanti viaggi
nel mondo che non c’è più
hanno percorso i nostri cuori adagiati
sulle sponde dell’azzurro
fiume, quel che resta è solo
un torvo sentore di infinita tristezza.

L’addio è stato meno crudele
dei rimpianti e la complice acqua agonizza
insieme ai miei sogni infranti,
essi seguono il suo mortificante percorso
trascinando con essa quel che resta
di un amore perduto.

Raffaele Feola.



Delirio di un amore nascosto.

Delirio di un amore nascosto

Ho versato una stilla
di lacrima in ogni mare,
fiume o pozza,
il loro defluire ha scavato
le mie guance con
inguaribili cicatrici.

E’ ferale la loro sapidità,
ogni soffio di vento,
plasma il tuo volto,
icona del mio rimpianto
mai sopito e aizza
gli azzurrini desideri.

Fai strage dei fievoli chiarori,
ma il tuo ciglio resta,
quasi a voler rendere iniqua
una impari lotta col fato,
sei solo un soffio
di ardente passione
in una gelida sera
di una calda stagione.

Luoghi con terra nera,
costellati di strani croci
e simulacri con cascate di
gemme opache e senza luce,
eretti al groviglio di
amori finiti, sono i luoghi ove
depongo bianchi fiori
senza colori e farciti di
insipienti desideri
tutt’altro che tersi,
sgretolato dal lividore
di uno squallido abbandono
e della frustrante delusione,
di una antica è inutile passione.

Poche parole sul bianco marmo,
lettere scritte col fuoco,
che narra la storia triste di un amore
mai cominciato e mai finito.

Raffaele Feola.



Il Volto.

Il volto

Argilla nelle mie mani,
manipolare tal pasticcio
d’acqua e terra,
creare e dar luce
a quel volto
da sempre celato
nei miei sogni.

Mi esalta e opprime,
mi allieta e sorride,
versa dolci lacrime
e rende futile
la mia ansietà.

Fuochi di passioni
mitigano i freddi
aneliti di un amore
concepito
e modellato
da mani profane,
ma da esso
io attendo…

solo un bacio
ma che sia eterno,

solo un respiro
ma che sia dolce,

solo un pianto
ma che sia di gioia,

vorrei solo questo
da un amore immaginario,
la pretesa del vivere
è solo quella
di sublimare
la fine di ogni cosa.

Raffaele Feola.



L’Anno che giunge.

L’anno che giunge.

Sera di un giorno qualsiasi,
31 dicembre 2015
suoni di petardi,
scoppi di auspici,
intimi indumenti si colorano
del propiziatorio rosso,
piatti di vaticinanti legumi
per esorcizzare l’insensibile sfortuna.

Abbracci generosi e brindisi
a profetiche speranze,
confondono mente e ventre,
ma il nostro cuore resta
muto nella sua severa e
prepotente richiesta di amore.

Luci lampeggianti e dai mille colori,
fuggono da infinite finestre,
qualche immagine sfuocata pare
mostrarsi con tristezza,
forse hanno pensieri di rammarico
per coloro che non sono più,
o forse sono vani tentativi
di spinger lontano gli urli silenziosi
dei rimpianti appena trascorsi.

Come l’infinito avvicendarsi
delle mutevoli stagioni,
così il continuo alternarsi
nel nostro cuore,
dal triste al gioioso,
poi al buio e poi alla luce,
e ancora dall’inconsulto al benevole.

Anno nuovo pensaci tu,
noi non possiamo,
siamo troppo presi dal essere dolenti
per le pene inflitte a noi stessi,
senza di esse saremmo più soli,
poi che scopo avrebbe la nostra esistenza,
senza il voler rincorrere
inutilmente la nostra tranquillità.

Raffaele Feola.



Ansiosa Attesa.

Ansiosa attesa

Il vento lamentoso
giunge sofferente
e ostinato fra
i nudi rami degli
alberi spogli,
geme ed esorta
nel silenzio dell’attesa.

La terra è fredda,
rintuzza carezze
e attenzioni,
ella si concederà solo
in primavera,
io aspetterò,
ella giungerà con
sobria veemenza.

Avvolgo le braccia
al mio freddo corpo,
col capo reclinato
sulle ginocchia,
mentre leggeri soffi
di fresco vento si
insinuano invasivi
per ogni dove,
io aspetto con ansietà
l’arrivo del sole
e dei suoi riverberi.

Torna e non scordarti di
nulla mia cara primavera,
riporta il concitato
frastuono degli irruenti
volatili pellegrini,
portatori di buone novelle
e di gaia esultanza.

Porta i semi dei
nuovi germogli
essi verranno sparsi
sui sentieri della festosità,
rallegreranno i nostri cuori
loro sapranno ascoltarli.

Irrorando il nostro
animo di speranze
esse proliferano
come ingordi e
invasive rampicanti,
sii ancora benefica
con chi abusa di te
e della tua affezione.

Raffaele Feola.



Il ricco…e… il non ricco.

Il ricco…e… il non ricco

Cammino fra vicoli
e strade della mia città,
densa di una vita ricca
di un nulla delizioso
e appagante nella briosa
rassegnazione di sogni
mai realizzati,
tumefatti e corrosi
dall’ inesauribile
scorrere del tempo.

Volteggio le mie mani
a destra e a manca,
quasi come a voler scacciare
da me le scie dell’ avvilente
vanagloria dei sedicenti
guerrieri della povertà,
che gironzolano con vecchi
e sontuosi carrozzini,
fra cumuli di ricchi rifiuti,
frutto dell’ ingordo rimpinzare
dei nobili del benessere.

I frugali pasti dei ricchi
con enormi fumanti polli farciti,
e vassoi con incantevoli
e svariate leccornia,
i pacchiani commensali
con grande coraggio
ne disgiungono la pompante
composizione, ingozzano
i loro sofferenti corpi ,
straziati da succulente pietanze,
e deformati da aspetti
incredibilmente tondeggianti.

La nostra comprensione
verso tale dedizione e pari
solo alla grande voglia
del contendersi un tozzo di pane,
duramente conteso fra
gli eroici esseri di un mondo
sconveniente e ingiusto,
una volta eran chiamati poveri,
oggi son divenuti indigenti,
son loro i veri protagonisti
della nostra amara storia.

La sapiente e ragionata
turpitudine di gretti individui,
che han costruito la loro
esistenza con la sofferenza
dei loro simili in un mondo,
la cui generosa riconoscenza
non ha premiato coloro
che con schiene ricurve
hanno costruito ed eretto,
ma gli inoperosi esseri.

Ricchi e poveri brindano
insieme al nuovo anno,
il loro calici son strabocchevoli
di succo di lacrime dei sofferenti,
e nei vassoi vi son brandelli
di speranze e con le primizie
delle delusioni ancora calde.

Raffaele Feola.