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Letteratura Poeti Famosi



“Il mondo delle fate” di C. Sorrentino

Come si evince dall’analisi della poesia “Nebbioso Futuro”, Ciro Sorrentino muove da una personale riflessione critica della realtà umana, manifestando l’urgente bisogno di rappresentare un comune disagio esistenziale. Ne consegue che la sua arte è sentita testimonianza del malessere contemporaneo, inchiesta sullo stato di confusione e di inconsolabile isolamento in cui si ritrova l’individuo. Oggetto privilegiato di analisi diventa la dimensione intima e autentica della coscienza, riposta sotto l’inquietante angoscia dell’uomo, stretto dalla morsa inesorabile della vita che gli si scopre insidiosa e mutevole.

La scoperta disarmonia della vita e della storia, l’incoerenza e l’inconsistenza del tempo oggettivo, in definitiva, sono per Sorrentino, i segni esterni, ormai visibili, che rispecchiano un profondo dramma, quello del soggetto rimasto solo con i frammenti della sua coscienza.

Il poeta, dopo aver svelato il tragico “nulla”, si sofferma sulle incoerenze e sulle dolorose disarmonie della realtà, che, irrevocabilmente, proiettano l’individuo in una pressante e dolorosa inquietudine. Ed è naturale che Sorrentino ascolti il lamento dell’animo e scriva per denunciare la desolazione e lo stato di abbandono in cui affonda la vita quotidiana.

In questa disposizione critico-letteraria, la poesia diventa procedimento conoscitivo ed espediente comunicativo per indagare la realtà e svelare i profondi e dolorosi drammi di tante creature straziate dall’impossibilità di aderire ad un magico “altrove”, dove riacquistare la naturalezza primigenia dell’ “amore”.

D’altra parte, l’analisi comparata dei suoi scritti evidenzia due “poli” sui quali ruota tutta la sua poetica: da una parte la presa d’atto d’una realtà che precipita nella “vertigine del nulla”, dall’altra, la spasmodica ricerca di un’alternativa possibile – “Il mondo delle fate” – che risarcisca la mente e il cuore dalle sofferenze di questo triste e opprimente tempo oggettivo.

Quello di Sorrentino è, dunque, uno stile personalissimo che, nella propensione per l’espressionismo, lo avvicina all’avanguardia europea e alla diffusa intenzione di svelare, nelle forme dell’arte, la rovina morale e le profonde contraddizioni psicologiche dell’individuo.

L’evidente indirizzo esistenziale e metafisico della sua ricerca è prossimo al pensiero di Kafka, Camus, Sartre, ed è riconoscibile, per l’indagine inquietante della realtà interiore, per l’angoscia dell’esistenza, per l’illogicità e la contraddittorietà degli eventi che provocano la spersonalizzazione e l’alienazione della persona. Questi i segni riconoscibili di una singolare correlazione letteraria, che, oltre ad alcune analogie speculative e all’impegno artistico, si scopre piuttosto come naturale convergenza e autonoma adesione a valori universali, spontaneamente riconosciuti e in differenti modi espressi dalla genialità dei grandi pensatori.

Ma, tornando al discorso sui due “poli” della poetica di C. Sorrentino, mi soffermo brevemente sulla manifesta intenzione di celebrare una realtà che dia sollievo e conforto, una realtà significata ed espressa proprio nella poesia “Il mondo delle fate”, della quale riporto il testo integrale.

 

IL MONDO DELLE FATE

 

Una carrozza con alati destrieri

scivola su vaporose nubi,

tra dolci tintinnii…

 

…Un turbinio di sparsi petali

s’adagia nell’ultimo volo

su brezze di campo.

 

Presto sconosciute note al tempo

scivolano nell’oscuro confine

del bosco dimenticato.

 

…Ora s’adagia quel calesse,

e gli animali del bosco

formano un coro.

 

Ambiscono il giorno festoso,

la sospirata redenzione

dalla tragica quiete.

 

Finalmente avanza la fata,

avvolta da eterei veli,

ed è silenzio…

 

Rifulge lo splendore dei suoi occhi

sull’etereo e delicato viso,

e desta nuovo tripudio.

 

Ora s’avvicina ad un misero cigno,

lo sfiora, e nella vampa fumosa,

rinasce un principe.

 

Un sortilegio aveva incatenato la vita,

l’amore e le belle emozioni,

la gioia d’un sorriso.

 

…Nuovamente le fontane zampillano alte,

ancora le campane suonano a festa,

e la gente si saluta felice.

 

Ma al trionfo solo un uomo s’apparta,

appare spaventato e confuso,

e resta silenzioso e muto.

 

Proprio lui aveva perso la speranza,

fluttuava tra l’incubo e il sogno

e senza tregua ripeteva:

 

“Ma quello che noi vediamo

è vera e tangibile realtà

o illusoria parvenza”?

 

Lesto si avvicina alla fata

e le chiede imperioso:

“Perché non rimani”?

 

“Spero che tu non sia altra chimera,

un momentaneo inganno

per il nostro mondo”!

 

Lei sorride e gli lascia un anello,

stimato e genuino segno

di fede e amore…

 

…“Sono e sarò sempre in ogni dove,

come ardente e ideale armonia,

e in tutto ciò che credi vero”.

 

“Ma ora solleva il tuo volto,

guarda al futuro,

sii fiducioso”!

 

“Sono con te,

nella tua coscienza,

e ovunque vuoi che sia”.

 

30.01.2011 Ciro Sorrentino

 

Il tema fondamentale di questa lirica è racchiuso in questo inciso:

 

“ambiscono il giorno festoso,

la sospirata redenzione dalla tragica quiete”

si avverte la speranza che possa finalmente giungere il giorno del tramonto delle illusioni, e che si aprano spazi di radioso futuro.

Rimanendo alla sostanza dei versi, la prima parte è evocativa di una fata gioiosa, portatrice e dispensatrice di virtù.

Inoltre, la stessa natura sembra perfetta ed armoniosa: si avverte una vaghezza che rassomiglia tanto alla felicità.

Tutto sembra essere avvolto da sfumature d’immensa e piacevole quiete.

Ma poi, secco come lo spezzarsi di un ramo, sale il verso centrale, lo snodo verso una solitudine senza riparo:

“ma al trionfo solo un uomo s’apparta,

appare spaventato e confuso,

e resta silenzioso e muto”

è quasi un atto di accusa verso la fantasia che prima illude e poi disillude.

è la sfiducia nella realtà:

“spero che tu non sia altra chimera,

un momentaneo inganno

per il nostro mondo”!

È come se la speranza stessa, arretrando, conduca all’aridità della coscienza, quella coscienza che, svestito il velo dei dolci inganni, rimane irretita, e , tristemente sola.

Ma la fata contraddice il poeta, le ragioni artefatte e i dolorosi pensieri, invitandolo invece a cercare in se stesso quella fiducia che nessuna astratta realtà può dargli:

“sono con te,

nella tua coscienza,

e ovunque vuoi che sia”

 

Dipartimento di Lettere e Filosofia, Prof. ATTILIO BELTRAMI

This entry was posted on martedì, luglio 10th, 2012 at 23:55 and is filed under Articoli. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.

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