Eppur mi pare che io nacqui.

Eppur mi pare che io nacqui.

 

Forse era luglio del 1952 che venni alla luce,
certo ricordo bene era il 19 di sabato,quanta neve sotto quel sole rovente e su una spiaggia affollatissima,ma non avevo amici ero troppo vecchio,
e incominciai a scrivere di me e la mia vita, certo amici miei ero già consapevole
quale fosse stato il mio destino, un po’ infame e un po’ sciagurato e tanto mal riuscito.

 

Come mamma dopo che mi diede alla luce
pensò bene di andare a fare il bagno lasciando me
appena nato solo soletto, ma tranquilli ero nato nella classe di ferro e sopravvissi,
purtroppo, ed ora devo scrivere ciò che la vita mi ha donato, un nulla a condizione zero.

 

Quanta delusione sul volto dei miei vicini di ombrellone, loro pensavano che io nascessi donna, ma il mio brufoletto li afflisse e non mi rivolsero
parola fino a sera, e intanto mia madre come
spesso succede anche fra gente più solerte, si dimenticò di me ma sono ancora vivo e vegeto.

 

Repentinamente mi son ritrovato vecchio e alienato
ho festeggiato la mia terza età, che mi importa se presto non sarò che una sola frase scritta su un freddo marmo, sono nato, ho vissuto, ho amato, ho sofferto, ho anche sperato nell’eternità, ma che follia vi rivelo io son morto quel maledetto giorno del mese di luglio del 1952.

 

Raffaele Feola.

 

This entry was posted on lunedì, giugno 19th, 2023 at 18:28 and is filed under Poesie sulla Vita. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.

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