Il senso del creato in “OLTRE IL MARGINALE TEMPO” di Ciro Sorrentino

 “OLTRE IL MARGINALE TEMPO” dalla raccolta “A Sylvia Plath”

 

Ti sei affrancata

dalla folle sfera

– oscenità d’inerte vita.

 

Osservi il corpo

che ti ha ospitato

legandoti con vane luci.

 

Così ardi nell’assenza,

fervida ombra

che da sempre cercavi.

 

Fissi l’insano respiro

– s’affanna il Mondo

tra labirinti spaventosi.

 

Ah, lucente spettro,

tu sei il principio

oltre il marginale tempo.

 

19.04.2014 Ciro Sorrentino

 

Ancora una poesia che può essere letta alla “rovescia”, pensieri che si richiamano nella versatilità della parola di cui Sorrentino riesce a fare un uso singolare ed originalissimo.

 

OLTRE IL MARGINALE TEMPO dalla raccolta “A Sylvia Plath”

 

Ah, lucente spettro,

tu sei il principio

oltre il marginale tempo.

 

Fissi l’insano respiro

– s’affanna il Mondo

tra labirinti spaventosi.

 

Così ardi nell’assenza,

fervida ombra

che da sempre cercavi.

 

Osservi il corpo

che ti ha ospitato

legandoti con vane luci.

 

Ti sei affrancata

dalla folle sfera

– oscenità d’inerte vita.

 

19.04.2014 Ciro Sorrentino

 

Non a caso nella sua ultima produzione il poeta estrapola il titolo dall’ultimo verso, come a voler fornire una chiave ermeneutica necessaria ad individuare la sua tesi.

 

Si percepisce subito il motivo tematico su cui poggiare l’attenzione: “oltre il marginale tempo” è  la scelta di collocare oltre i limiti della realtà osservabile l’oggetto e il soggetto della sua verifica conoscitiva.

 

Dunque, Sorrentino intende scoprire attraverso la poesia il senso dell’universo, la natura incognita del grande mistero del cosmo, e si rivolge a Sylvia Plath, alla sua anima che dai limiti della logica e della fede riuscì ad emanciparsi con un gesto estremo, per quanto violento esso possa essere considerato.

 

Resta il fatto che per Sorrentino non conta l’atto volitivo che spinse la sua eroina a compiere il grande salto, per lui conta decifrare la posizione che Sylvia Plath occupa nell’ignoto, di cui cerca un’altro possibile accesso.

 

Il poeta sa che nella miriade delle possibilità il reale non si costruisce sulle definizioni di spazio, tempo e massa, è cosciente che altre dimensioni esistono e che prima o poi giungerà a sentirne l’eco.

 

Di fatto, Sorrentino già sente riecheggiare la parola e il mondo intimo di Sylvia Plath, sembra quasi vivere una sorta di immedesimazione nello spirito della poetessa che, da parte sua, sembra fornirgli un conforto emotivo e lo slancio a dire e continuare il discorso da lei interrotto.

 

Dicevamo nella nostra tesi iniziale che la poesia è possibile leggerla al contrario, e dall’assemblaggio da me operato, risulta evidente che il poeta sente e vede, gioisce nello specchiarsi nell’anima di Sylvia Plath: luminoso spirito, impalpabile essenza che si è ricongiunta a quello sconfinato vuoto che è origine e inizio del tutto.

 

Sembra quasi che sia con lei ad osservare questa realtà angusta e minimale, circoscritta in geometrie astratte, in allucinazioni delle menti che studiano modi e meccanismi per fornire a se stesse un alibi di sicurezza e di concretezza.

 

Ma per queste creature inconsapevoli non c’è salvezza, le attende il precipizio, la spirale fagocitante che assorbe e involve nel caos e nel disordine all’ennesima potenza.

 

Da questo scenario emerge una verità da sempre nascosta: s’illuminano i cieli, gli infiniti orizzonti si riempiono di una saggezza onnisciente e comprensiva del grande mistero, una saggezza di cui Sylvia Plath sembra essere il porta vessillo, e Sorrentino il cavaliere che insegue nelle ombre e negli spettri il senso del creato.

 

La riconferma di questa probabilità di svincolarsi ai vincoli del determinismo, proietta lo spirito del poeta in quella distanza che affranca e abilita a riconoscersi e a poter scrutare con pietosa comprensione il vano arrovellarsi degli uomini e delle loro invenzioni.

 

E a tale tremenda vacuità dell’esistere, alla “folle sfera” che offende e rinchiude nella pochezza morale e gnoseologica il poeta si estranea per stringersi e fondersi nella comunione che egli celebra nella sacralità di un incognito abbraccio con Sylvia Plath.

 

13.05.2014 Letterature Comparate, prof. Cinzia de Rosis

This entry was posted on martedì, maggio 13th, 2014 at 17:58 and is filed under Articoli. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. Both comments and pings are currently closed.

Comments are closed.