Vivere per vivere in “VA E VIENE IL TUO ASTRO” di Ciro Sorrentino

VA E VIENE IL TUO ASTRO

 

Hai chinato il capo

aspettando muta

che l’azzurra scia

fermasse il tuo respiro.

 

Con il tuo verdetto

hai svincolato

l’increspata vita

dalle frenetiche acque.

 

Sei rinata – anima –

sciolta dalle ombre

che accerchiano

sul viale degli spettri.

 

Va e viene il tuo astro

in questa cupola

persa al tramonto

del mondo elettrizzato.

 

Penso a te che

hai chinato il capo

risollevandoti

da questa vagante terra.

 

27.03.2013 Ciro Sorrentino

 

Va e viene il tuo astro“, un titolo che contiene in sé la poetica di Sorrentino, quell’amara coscienza che lo rende partecipe di una dimensione cosmica che lo estranea, non solo alla terra e al mondo, ma all’universo stesso.

 

Il poeta ricorda Sylvia Plath, e vede la donna nel suo perpetuo passo, nel suo riapparire di “cometa” che si sfalda e rinasce dalle sue polveri come l’ “araba fenice“.

 

E di fronte a tale “imperscrutabile immensità” lui ricorda e vede Sylvia, ne rappresenta l’istante del trapasso e della liberazione, l’attimo in cui sceglie di liberarsi dal peso di una natura limitata (l’umano corpo), che non riesce a contenere il suo essere.

 

Una “natura” che è ancora più colpevole perché le fornisce il mezzo (il gas), per porre la parola fine nella forma e per la forma che si ritrova a sopportare.

 

Sembra quasi di provare l’insoddisfazione, il senso di amarezza e l’angoscia dell’ “insolvenza” che percorrono il corpo di una “mente superiore” che vuole espandersi senza fine.

 

Sylvia Plath è ricordata nel gesto estremo, ripresa nel suo silenzio, immortalata nell’atto che le sottrae l’ossigeno necessario alla “non – vita“.

 

Simbolica l’immagine che la ritrae come giudice che emana il “verdetto“, il “proclama“, la “sentenza” che decreta la sua “purezza“, l’ “innocenza“, un’infanzia felice che dalla storia è stata “tradita“, “sconvolta“, “annegata” nelle “…frenetiche acque”: il convulso sovrapporsi di un’ondata impossibile di eventi e circostanze inspiegabili.

 

Sylvia Plath si sottrae all’insolvenza ad essere, vuole determinarsi, individuarsi nella vastità che non fornisce risposte, nell’infinità che agghiaccia e atterra, nel suo “antro nero di forze centripete“, che “spingono“, “urtano“, “travolgono” senza un ragionevole “perché“.

 

Eppure, dal “transitorio dissolversi“, dal momentaneo sospendersi, dallo spegnersi come fuoco di questo universo, germoglia un fiore nuovo, le ceneri di Sylvia Plath sono nutrimento di nuova linfa, generano una terra vergine, uno spazio “dionisiaco” nel quale e dal quale la sua anima “risorge” libera, libera “…dalle ombre che accerchiano sul viale degli spettri”.

 

Quest’anima, l’anima di Sylvia Plath (e di riflesso l’anima di Sorrentino) risorge e sembra sorridere di ogni parvenza: lei che ha compiuto il “salto” e tutto conosce “saluta” i fantasmi della mente, “esorcizza” la sua precedente vita, “razionalizza”, nella prospettiva dell’ “ignoto mistero“, ogni memoria.

 

E per rendersi testimone, per svegliare le “coscienze dormienti” dalle zone recondite e sperdute degli “universi” risorge recando la sua luce, anzi la “luce” che in lei, di lei e per lei si è accesa.

 

Probabilmente Sorrentino vuole veicolare proprio questo messaggio: Sylvia Plath, prima della sua separazione dal mondo, ha lasciato “indizi” perché qualcuno li raccogliesse, per “pubblicizzarne” la verità: Sorrentino “presagisce” questo intento e se ne fa portavoce.

 

È come se il poeta abbia raccolto un’ “eredità” e stia divulgando al mondo le “chiavi di lettura” di questa poetessa che ha colto il senso dell’esistere, il “vano ravvolgersi delle trame degli uomini“, la stoltezza di tutti quelli che si arroccano in una “…cupola persa al tramonto del mondo elettrizzato”.

 

Sylvia Plath ritorna, la sua anima risorge, il suo spirito si è riacceso in un “nuovo astro“, e ancora “parla“, “discute“, “chiede“, “vuole” una spiegazione “plausibile“, “logica“, “esaustiva“.

 

Sorrentino sembra voler dire che Sylvia Plath, nel suo testamento poetico, ha lasciato “tracce” e “indizi” da seguire per intraprendere un viaggio di conoscenza senza fine: dunque, per Sorrentino “questa donna/eroina” ha “oltrepassato ogni dimensione“, ne ha visto la sostanza segreta e imprendibile, e nella comprensione impossibile fa ritorno per “invitare” gli esseri umani, “a vivere” questa vita “senza compiere quello che è stato il suo gesto estremo“.

 

Vivere…, “vivere per vivere” e non chiedersi il perché, vivere “sentendo la vita“, “assaporarne” gioie e dolori, nella volontà di “determinarsi” e “liberarsi” dalle fittizie congetture.

 

La rinascita di Sylvia Plath è simbolo di un infinito ed eterno ricrearsi, “un salto nel vuoto che non ingoia“, un vuoto che “respinge” e “rilancia” all’ “esterno” l’anima.

 

Sorrentino giunge ad esplicitare la sua “filosofia”: nella sua meditazione, “vita e non – vita“, “realtà e non – realtà“, sono due facce di una stessa verità, di un “nero dormiente” che generò la sua stessa luce.

 

Per i riferimenti filosofici di Sorrentino, rimando al mio articolo “Il nero allo specchio” (20/02/2014 dipartimento di lettere e filosofia, prof. Attilio Beltrami) dedicato alla poesia “Nell’armonia di luci e suoni” (16.02.2014 Ciro Sorrentino). Ne riporto alcuni stralci per maggiore chiarezza:

 

“…all’inizio del tutto Sorrentino individua nell’assenza una realtà dormiente, un nulla fagocitante che si espande a dismisura in ogni direzione, per un tempo indeterminato, astratto, inintelligibile.

 

…probabilmente la sostanza del vuoto girare, l’entità tempo è lo stesso Dio che rimane atterrito dalla mancanza di un riscontro, sembra quasi che aspiri a guardarsi in uno specchio per riconoscersi, liberarsi del nero che è.

 

il buio-silenzio/vuoto esplode, cioè si sveglia e prende contatto con il sé che dorme: in effetti, il tutto/nulla padrone di se stesso si identifica con il tempo.

 

…l’assenza, ciò che oggi viene studiato come antimateria, “ciò che non è, eppure è“, contiene in sé i presupposti del divenire.

 

Il vuoto/buio-silenzio/tempo o semplicemente quello che Sorrentino identifica con il nero/Dio nasce dal di dentro, dunque, da un’implosione, da un’innata forza centripeta che lo schianta e lo feconda generandolo ed emancipandolo al pensiero e all’esercizio razionale.

 

…Dio si autogenera nella visione di Sorrentino, e accorgendosi della smisurato spazio che esso stesso costituisce, nell’eterno espandersi, prova una sensazione di tremenda solitudine, scopre di essere solo nel suo vertiginoso nulla.

 

Dio prende coscienza di essere una statua, intarsiata di nere luci, e impressionato dalle percezioni di possibilità altre si sveste dei neri pensieri o dell’assenza di una logica e si riflette, proiettandosi come divino soffio, quasi come una immane forza centrifuga.

 

…e creò gli universi paralleli, colmi di stelle e pianeti, popolando questa terra di esseri che altro non sono che proiezioni di se stesso“.

 

03/04/2014 dipartimento di lettere e filosofia, prof. Attilio Beltrami 

This entry was posted on giovedì, aprile 3rd, 2014 at 15:36 and is filed under Articoli. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can skip to the end and leave a response. Pinging is currently not allowed.

4 Commenti

  1. Ciro Sorrentino Scrive:

    Sarebbe stupido e riduttivo dirti grazie.
    Dico solo che Sylvia Plath sarà felice di sapere che in questo anello d’ “universo”, esista chi possa “raccogliere” e rappresentare di Lei il pensiero infinito.
    Ciro Sorrentino

    ... on July aprile 3rd, 2014
  2. Cinzia de Rosis Scrive:

    Caro Attilio, degno di nota il tuo intervento critico, e “illuminante” questo tuo avvio alla “contestualizzazione” del pensiero di Sorrentino, peraltro così vicino alla “visione” e alla “ricognizione” del “conoscibile” di Sylvia Plath.
    A presto,
    Cinzia de Rosis

    ... on July aprile 3rd, 2014
  3. Cinzia de Rosis Scrive:

    Un articolo degno di nota, ricco di spunti critici per approfondire il pensiero di un poeta/del Poeta, così prossimo alla visione dell’esistere di Sylvia Plath.
    Un merito per la tua capacità d’aver, in qualche modo, trovato una chiave di lettura per “contestualizzare” la poesia e la “weltanschauung” di Sorrentino, e, soprattutto, bravo per aver fornito suggerimenti tali da poter avviare un’analisi comparata tra la produzione di Sorrentino e l’opera di Sylvia Plath.
    Ciao, Attilio.
    Cinzia de Rosis

    ... on July aprile 3rd, 2014
  4. Attilio Beltrami Scrive:

    Brava, il mio “sotteso” intendimento è proprio quello di condurre un esame paradigmatico dei testi di Sorrentino e Plath, così da estrapolare il “denominatore comune” che è alla base della loro poetica.
    Un bacio,
    Attilio Beltrami

    ... on July aprile 3rd, 2014

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