I Promessi, mancati, sposi.
Ebbi da colei che amai,
molti o pochi abbracci,
non ricordo bene,
quel che più mi colpì
fu l’ignoto e misterioso
desiderio di tenere sempre
la sua mano nella mia.
Nell’ affollata strada,
era sempre titubante,
lasciava e riprendeva
la mia sinistra padella,
perché cosi definiva
tal mio arto dalle lunghe dita,
era timida e timorosa
perché il suo papà avea
padelle più grandi delle mie e
guai a incorrere nella mera
sventura di farci veder insieme.
Nel passeggiare sentivo lo
sguardo bramoso di altri
miei coetanei, spesso me la
ritrovai ignuda, si fa per dire,
tanto era mal celata la loro
avidità di affetto.. e non solo.
Di sera si facevano lunghe
passeggiate al chiar di luna,
frasi d’amore e progetti per
il futuro a sbafo, e sempre
non lasciandole la mano
tentavo di essere più audace,
ma senza gloria e onore,
era troppo presa dal suo corredo,
dalla gioia del fatidico giorno e
ahimè, per la sua prima… volta.
Dio che fare, ebbene cari amici
non avevo soluzioni, rassegnato
adeguai le mie velleità a discorsi più
pratici e meno allettanti.
Dopo gli accordi di rito,
quello che lei avrebbe avuto
come dote, e dopo che le accennai
della mia, non certo esuberante,
ci lasciammo per continuare
il giorno a venire, dei dettagli
del compromesso.
Non la rividi più, lei non rivide più me,
seppi poi che lei divenne suora, e lei
seppe che io divenni frate e predicavo
in un monastero sperduto sugli Appennini,
e ci accingemmo ad arrivar alla fine dei
nostri giorni come comunemente
si narra “Come mamma ci fece “.
Cosi sia.