Mitografia, topologia, visione del mondo in “SULLA DESERTA SPONDA” di C. Sorrentino
“SULLA DESERTA SPONDA”
Penso, cerco, inseguo…
impetuosamente scruto…
fisso lo specchio del cielo.
Scopro la fatale angoscia
mentre la terra si apre
perduta al suo nero.
Rabbrividisce la vita
che dal giorno alla notte
si logora sui segni del tempo.
Tremano le inviolate radici
tra le sinistre linee
dei mutati cerchi.
Muoio rinascendo
in tale dubbia realtà
…e penso, cerco, inseguo
Scopro l’oscurità
che conficca le sue lame
pressando con empia acredine.
Amarezza e sgomento
lo sventurato pensiero
è incenerito come candida vela.
Irremovibili e irretenti passaggi
marcano dolore e stupore
alla falsante trappola…
Sono tristemente solo…
solo sul precipizio del nulla
insabbiato sulla via d’un sogno felice.
12.08.2011 CIRO SORRENTINO
LA POESIA SI APRE CON UNA DOLENTE DISPOSIZIONE DELL’ANIMO E DEL PENSIERO, CHE SI PROIETTANO, SUL PIANO UMANO E METAFISICO, ALLA SCOPERTA DI UNA EFFETTIVA “CONSISTENZA” OGGETTIVA E INTERIORE DELLA REALTÀ VISSUTA:
“penso, cerco, inseguo… impetuosamente scruto… fisso lo specchio del cielo”
MA LA RICERCA È DESTINATA AD ARENARSI PERCHÉ L’IO, SENZA PIÙ VELI ED INGANNI, SCORGE UN ORIZZONTE SENZA LUCE:
“scopro la fatale angoscia mentre la terra si apre perduta al suo nero”
È QUESTO IL TRAGICO E DOLENTE MOMENTO, L’ISTANTE DRAMMATICO IN CUI L’ESSERE VIENE COME FREDDATO E SPAZZATO VIA DA UNA VIOLENTA BUFERA CHE SCOMBUSSOLA L’ESISTENZA TUTTA:
“rabbrividisce la vita che dal giorno alla notte si logora sui segni del tempo”
ORA, IN TALE SQUILIBRIO, L’ESSENZA UMANA E DIVINA ARRETRA DI FRONTE ALL’ARIDITÀ CHE ISTERILISCE E PERMEA LA VITA, E CHE, SU UN PIANO VISIBILE, ALTERA E DEFORMA LE GEOMETRIE STESSE DELLO SPAZIO E DEL TEMPO:
“tremano le inviolate radici tra le sinistre linee dei mutati cerchi”
COSÌ, IN TANTA DISARMONIA, L’ESSERE MUORE E RISORGE, NON S’ARRENDE E RESTA IN ATTESA DI UN SEGNO E DI UNA PROBABILE SOLUZIONE:
“muoio rinascendo in tale dubbia realtà …e penso, cerco, inseguo”
IN QUESTO TRAPASSO CONTINUO, DAL BUIO ALLA LUCE, L’INDIVIDUO ASSORBE I COLPI TESI DA UN VUOTO CHE INFIERISCE SENZA PIETÀ:
“scopro l’oscurità che conficca le sue lame pressando con empia acredine”
EPPURE, LA SOLUZIONE A SIFFATTO DOLORE NON È CONCESSA A CHI HA SEMPRE NAVIGATO NELLA PUREZZA ALCHEMICA, DISPIEGANDO LE SUE VERGINI VELE PER RAGGIUNGERE LA VERITÀ AUTENTICA E ASSOLUTA DEL NOSTRO ESISTERE:
“amarezza e sgomento lo sventurato pensiero è incenerito come candida vela”
L’UOMO SI ACCASCIA DEFINITIVAMENTE, DELUSO E AMAREGGIATO, QUASI SCHIACCIATO DALLA MORSA INSPIEGABILE DI UN’ALTERNA FORTUNA:
“irremovibili e irretenti passaggi marcano dolore e stupore alla falsante trappola…”
QUELLO CHE RESTA È UN DOLORE SENZA CONFORTO, UN’AMARA COSCIENZA DEL PRESENTE, UN PRESENTE CHE RIMANE L’ESSERE SOSPESO SU UN BARATRO, IN BILICO TRA IL TORMENTO E LA REALTÀ DEL SOGNO:
“sono tristemente solo… solo sul precipizio del nulla insabbiato sulla via d’un sogno felice”
02/08/2012 Letterature Comparate, prof. Cinzia de Rosis