Analisi dei sonetti – “A Zacinto”

TESTO

 

Né più mai toccherò le sacre sponde

ove il mio corpo fanciulletto giacque,

Zacinto mia, che te specchi nell’onde

del greco mar da cui vergine nacque

 

Venere, e fea quelle isole feconde

col suo primo sorriso, onde non tacque

le tue limpide nubi e le tue fronde

l’inclito verso di colui che l’acque

 

cantò fatali, ed il diverso esiglio

per cui bello di fama e di sventura

baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

 

Tu non altro che il canto avrai del figlio,

o materna mia terra; a noi prescrisse

il fato illacrimata sepoltura.

 

PARAFRASI

 

Non toccherò più le sacre rive dove vissi da ragazzo Zacinto mia, che ti specchi nelle acque del mar Ionio, dalle quali nacque vergine Venere che col suo primo sorriso rese fertili quelle isole. Perciò, non poté non celebrare le tue limpide nuvole e la tua flora, il verso illustre di Omero che cantò l’avverso fato e l’esilio di Ulisse, che, divenuto famoso anche per le sventure, poté baciare la sua rocciosa Itaca. Tu, Zacinto terra in cui nacqui, avrai solo la poesia di questo tuo figlio; per me il destino ha deciso una sepoltura in terra straniera che non sarà confortata dalle lacrime delle persone care.

 

Commento

 

Questa poesia è un canto d’amore per una patria lontana e irraggiungibile, divenuta ormai terra straniera. Luogo dell’infanzia felice e ormai perduta, ma soprattutto patria ideale, Zacinto rappresenta per il poeta la terra in cui si realizza il sogno di bellezza e armonia a lungo inseguito. La poesia si chiude con una riflessione amara: al poeta non toccherà la stessa sorte di Ulisse, egli non tornerà più nella patria amata, il destino avverso l’ha costretto a un doloroso esilio e l’aspetta una morte in terra straniera, dove nessuno piangerà sulla sua tomba.

 

05.10.2013, prof. Ciro Sorrentino