Istanze e motivi poetici in “APOCRIFA CHIMERA” di Ciro Sorrentino

APOCRIFA CHIMERA

 

…Solo e senza speranza

come avvilita spiga

flessa sul campo.

 

Pressa il vento 

 respiro alle fiamme

d’inviolabili incantesimi.

 

…Solo nello sfogliato roseto

davanti anonime distanze

d’arcano ordito.

 

Disfa e schernisce il fuoco

scomponendo pose

ricordi e sorrisi.

 

…Solo con le raccolte lacrime

terminali riverberi

presi all’oblio.

 

L’evanescenza

incenerisce l’amore

tra cespugli e rose di spine.

 

…Solo sul precipizio

graffiato da friabili rocce

le frecce scagliate dal tempo.

 

Imperversano le inquietudini

avvampando scintille

di vaga natura.

 

…Solo e senza scampo

nella sconvolgente noia

sinistra percezione emotiva.

 

L’inesorabile fato

come oltraggiosa realtà

infrange ogni magico calice.

 

…Solo …Stretto nel vorace antro

dove annega la Storia

nucleo d’amore.

 

07.07.2011 CIRO SORRENTINO

 

Nella desolata visione del poeta, la vita non è altro che un lento e inesorabile correre verso la fine dei sogni:

 “…solo e senza speranza come avvilita spiga flessa sul campo”.

Da questa premessa deriva che sperare o disperarsi sono ugualmente inutili e vani perché l’uomo è come avviluppato da energie negative, da sortilegi predestinati che sembrano invalicabili:

“pressa il vento respiro alle fiamme d’inviolabili incantesimi”.

Non c’è possibilità di superare la solitudine, quasi l’impresa fosse resa impossibile da un’angoscia paralizzante.

La situazione psichica di fatto sembra generare uno stato di impotenza e di  frustrazione, che originano disagio e fragilità incommensurabili:

“…solo nello sfogliato roseto davanti anonime distanze d’arcano ordito”.

Si avverte il motivo d’una impossibile felicità per l’uomo, ostacolato e impedito dalle forze e dagli elementi di una natura incomprensibile:

“disfa e schernisce il fuoco scomponendo pose ricordi e sorrisi”. 

Le ragioni storiche del  dramma risiedono nel conflitto fra un tempo interiore e un tempo oggettivo:

“…solo con le raccolte lacrime terminali riverberi presi all’oblio”.

Alla fine prorompe l’amara scoperta di una solitudine senza conforto:

“l’evanescenza incenerisce l’amore tra cespugli e rose di spine”.

La coscienza dell’inutile adesione alla vita è ormai definitivamente mescolata con la percezione della morte interiore:

“…solo sul precipizio graffiato da friabili rocce le frecce scagliate dal tempo”.

È il crepuscolo, la luce si spegne:

“imperversano le inquietudini avvampando scintille di vaga natura”.

Si fa strada una coscienza dell’essere che ancora e sempre si rende testimone di una tragedia umana che è deiezione e centrifugazione di ogni ragion d’essere:

“…solo e senza scampo nella sconvolgente noia sinistra percezione emotiva”.

In questo poesia ogni elemento ha un valore simbolico e colpisce in particolare la forza del fato che incombe nel buio, come un male anonimo e bestiale che colpisce l’umanità:

“l’inesorabile fato come oltraggiosa realtà infrange ogni magico calice”. 

Nella continua ricerca di una verità possibile, la disarmonia della realtà diventa il simbolo dei conflitti interiori dell’uomo d’ogni tempo:

 “…solo …stretto nel vorace antro dove annega la storia nucleo d’amore”.

 

 18/11/2012 Dipartimento di Lettere e Filosofia, Prof. ATTILIO BELTRAMI

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