La festa di un addio
La festa di un addio
Cosa avesti a vedere dietro un velo
se non oscure sagome,
le ombre non hanno bagliori ne forme,
si cela solo un essere
che nel mentre dosa e calcola
strane ricette,
arranca e pensa cose avvilenti ,
come sfregi e rimpianti,
e ironizza l’esistenza,
e soffre e pensa… pensa
a ciò che fosse stato giusto…
cosa angustia una tal voglia di dir
seppur con supremo sapere
di una eletta Dea,
un saggio dire
del suo oscuro e strano presente.
Il sopprimere, quantunque fosse
rivolto al proprio essere
non rende felicità,
ironica e avvilente si rammarica nel dire
di frustrazioni e sapienza,
nel descrivere il cammino di una
sofferenza cercata
e accudita con morbosa sobrietà.
Veli trasparenti e tetri ricoprono,
come se avvolgessero e celassero
gli ultimi respiri di un voluto moribondo,
avvolto e inondato da aloni
di perfidi ed esalanti letali odori
di sofferenza, acre e deturpante.
Il fuggire da vita… a vita cupa,
dai concediti un dono vero,
di un compleanno senza adescare
un inconsapevole e buio universo.
Son sempre fardelli gli avvilenti
cupi torpori e voleri insani,
seppur coperti da veli e veli,
e dietro di essi si cela colei che seppe
raccontare e vivere una eternità
in una frazione di vita
amara e indesiderata,
intensa ed eterna.