La taverna
Osservo con mesto silenzio gli
strani movimenti di uomini neri e
senza volto che imperversano
sul percorso della malinconica
esistenza di anime tristi e senza pace.
Nelle loro mani, grosse ceste colme di
asprezze e sterili ossessioni, vagano
nella nera foresta senza luce e senza canti
alla ricerca dei frutti dell’Eden,
persi nell’oblio del tempo cercano se stessi
e custodiscono cattiveria ed egoismo con
la grande speranza di tornare a sperare.
Nulla si perdona, nulla frena la bieca caparbia
dell’ipocrisia, il vero dono del Signore non è
l’intelligenza ma il sorriso, nulla è più convincente
e ricco di un abbraccio nel nero momento.
Intanto passeggio pensieroso e triste,
e senza volerlo sono giunto
in un luogo d’allegria, una taverna.
Da essa provengono urla gioiose simili
a scoppi di petardi, il nero nettare delle
vendemmie offusca la mente e fa cadere
i veli della compostezza, rintocchi di bicchieri
fra un brindisi e l’altro fa intonare agli avventori
strane e confuse melodie.
Intanto l’alba si avvicina portando con sé luce e gocce
di rugiada, la mia bocca fumante del fresco
riverbero mattutino sorride al pensiero di una notte
trascorsa insonne, ma proficua, finalmente
ho compreso che il miracolo della vita è la vita.
Ciro Sorrentino Scrive:
“…finalmente ho compreso che il miracolo della vita è la vita…”:
l’aver osservato il mondo, e di esso l’ipocrisia e le finzioni, i dolori nascosti nelle false ed effimere gioie, conducono l’io che osserva ad estraniarsi a tanta meschinità e al misero trascinarsi nella bieca esistenza.
Con stima,
Ciro Sorrentino